Io me lo
ricordo quando a suo tempo ho deciso di iscrivermi in filosofia. Il commento
era più o meno questo qui: “Ma perché? Potrai fare “solo” l’insegnante”. Era
già allora tutto detto. Si capiva già tutta l’aria che tirava. Tu puoi
laurearti, specializzarti, studiare e approfondire, aggiornarti, raffinare le
tue competenze di didattica dalla progettazione alla valutazione, ma sarai sempre “solo” un' insegnante a cui tutti si sentiranno in diritto di
chiedere altro.
E quindi vai
con gli adempimenti, la produzione burocratica di carte, i documenti di monitoraggio, le relazioni iniziali e finali, i PDD, i PEP,
i PIP, i VIA, i PDP ecc. ecc. ecc. Non scherzo eh, tutti documenti da produrre,
meglio se rigorosamente all’interno di schemi già predisposti, alle volte non
ti venga in mente di essere un soggetto creativo invece che un riempitore di
caselle. E io che volevo fare “solo” l’insegnante, cioè “solo” lavorare con gli
studenti, anche sputando l’anima in classe, qualora fosse necessario, piano
piano mi sono trovata fuori tempo, adatta “solo” a dialogare con gli studenti,
a cercare di insegnar loro a scrivere, a parlare, a comprendere un testo, anche
leggendo tra le righe.
Adatta solo
a cercare di educarli insegnando loro a guardarsi attorno, ad osservare, a valutare
con senso critico. Adatta “solo” a proporre loro
conoscenze curandomi di dare loro gli strumenti affinché sappiano
appropriarsene e servirsene. Adatta "solo" ad insegnar loro a
guardare alla storia, al passato, cercandovi indizi per capire meglio il loro
tempo e per produrre uno sguardo verso quello che li aspetta. Ma è da molti anni che tutto ciò pare non bastare. Occorre dimostrare altro producendo carte. Carte come se non ci fosse un domani, carte come a doversi giustificare di
fare “solo“ l’insegnante, quello delle 18 ore, quello dei 3 mesi di ferie,
quello del cosa vuoi che sia trovarti davanti 25/30 ragazzini per volta da
educare, motivare, appassionare, istruire dando ad ognuno il suo.
Ed è su
questa scuola che si è abbattuta la pandemia. Una
scuola incapace di difendere se stessa e di elevarsi dal ruolo che le ha
assegnato un paese sempre più disattento, che spende il minimo in istruzione ed
educazione e che sull'ignoranza e l'approssimazione fonda molti e immeritati
poteri. E quindi vai prima con la narrazione delle scuole posti sicuri, anche
contro ogni evidenza. Poi con la didattica a distanza raccontata
come una specie di vacanza aggiuntiva e fuori tempo, con gli insegnanti intenti a sfregarsi le mani, a casa con lo stipendio
senza lavorare.
Io ve lo
dico chiaro, anche a voi che non vorrete capirlo: fare didattica a distanza è
molto faticoso. Si tratta di cambiare il tuo modo di
insegnare, si tratta di studiare molto per trovare il modo giusto, si tratta
continuamente di mandare, ricevere e correggere compiti restituendoli con
giudizi ed indicazioni a fare meglio, si tratta di predisporre materiali, si
tratta di essere a contato h24 con ognuno dei tuoi 60 studenti che ti scrivono,
ti fanno osservazioni, ti chiedono chiarimenti, vogliono indicazioni.
E tu lavori cercando di fare la parte tua per non sfilacciare tutto, per dare
risposte a ciascuno, per farlo sentire ancora parte di un gruppo, per
facilitare. E poi arriva una mediocre ministra dei
trasporti che, non riuscendo a portarti gli studenti a scuola in sicurezza, ti
spara che si potrebbe recuperare andando a scuola anche la domenica. E poi
arriva una mediocre ministra dell’istruzione che ti spara che per recuperare si
potrebbero accorciare le vacanze estive. Ma recuperare “de che” se ci stiamo
facendo il mazzo. Mi è arrivata la richiesta di rispondere ad un sondaggio;
" Saresti d'accordo alle scuole aperte a luglio? Vota si o no". Ho
pensato: "voto solo se si può scrivere una parolaccia". Con tanti
saluti a tutti
Di Lucia Chessa
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