martedì 8 dicembre 2020

La Sardegna non può essere preda degli sciacalli del cemento. Di Lucia Chessa


 

La Sardegna è in ginocchio sotto l’acqua e il fango. Le fragilità del territorio sono estese da nord a sud e non risparmiano nessuno anche se la sorte colpisce a caso, anche più volte, ora in un posto ora in un altro, e allora è lutto, distruzione, danno e angoscia. Tutti conoscono le fragilità idrogeologiche di questa terra, frutto di scelte antiche e di incurie ed omissioni recenti. Non è facile ma penso che se ci fosse onestà, lungimiranza, visione e senso dei beni comuni a governare questa terra, qualcosa di più si sarebbe potuta fare.

 Invece sono molti anni che l’interesse per i territori espresso dai governi regionali si concentra attorno ai “piani casa”. Che non sono grandi programmi di edilizia abitativa come potrebbe suggerire l’espressione bella e accattivante. No no, sono autorizzazioni ad ampliare, specie in riva al mare, specie entro i 300 metri dall’acqua, specie gli alberghi, specie quelli di lusso, specie quelli che stanno vuoti e chiusi 11 mesi all’anno, ma dal 1 al 20 agosto fanno pienoni ospitando sardi, quando va bene, nel ruolo di cameriere, facchino e giardiniere.

 Sono costruttori e speculatori, spesso anche stranieri, che assaltano ciò che è sopravvissuto dei beni ambientali che sono la nostra futura ricchezza. Il territorio visto solo come preda, come bene disponibile al consumo, come strumento di investimento e guadagno senza un pensiero aggiuntivo di sostenibilità. Non hanno pensato, ieri la giunta Pigliaru e oggi la giunta Solinas, ai necessari piani di messa in sicurezza e di mitigazione del rischio idrogeologico. Non ci sono grandi guadagni attorno alla cura dal territorio né di denari né di consensi.

 Perché la cura non si vede quando la fai. Si vede solo, tragicamente, quando serviva e invece non c’è. Che squallore la nuova leggina urbanistica presentata, ironia della sorte, proprio in questi giorni da leghisti e sardisti: incrementi volumetrici delle case sul mare fino al 30% e fino al 20% in quelle entro i 300 metri dall’acqua. Aumenti di volumetrie per gli alberghi fino al 50% e fino al 25% se stanno praticamente sulle spiagge. Aumenti di volumetrie nei centri storici e nuove costruzioni nelle campagne. E squallidi, massimamente squallidi, quando propongono, come provvedimento anti-covid, a favore del distanziamento, l’aumento volumetrico fino al 50% degli spazi comuni delle strutture turistiche.

 Neanche gli sciacalli così. Queste e solo queste sono le preoccupazioni di chi ci governa e ci ha governato di recente. Il territorio è preda, la cura, la manutenzione, la mitigazione del rischio non esiste. Tutto può finire e morire sotto metri di fango e detriti, mentre costruttori e proprietari di grandi strutture alla Briatore, di quelli che possono dettare i provvedimenti regionali, già iniziano a fregarsi le mani. C’è bisogno di altro in Sardegna. Ed è urgente che, chi ne ha le capacità, la statura, e l'onestà inizia a costruirlo.

 

Lucia Chessa

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