(09 dicembre 1987) Inizia la Prima Intifada palestinese contro
l’occupazione israeliana. La rivolta scoppia nel campo profughi di Jabaliyya e
si estende rapidamente fino a Gerusalemme. Le immagini dei giovani palestinesi
che lanciano pietre contro l’esercito israeliano fanno il giro del mondo.
Intifada significa "scuotersi" per liberarsi di un
peso, di un’oppressione. L’ondata era stata scatenata in seguito a un evento di cui non si compresero appieno le dinamiche: una dozzina di operai palestinesi morirono in seguito a un incidente
stradale, il loro bus aveva avuto un frontale con una jeep blindata dei soldati
israeliani. Corse veloce la voce che lo scontro non era stato un incidente, ma
una vendetta per un israeliano accoltellato a morte alcuni giorni prima nel
mercato di Gaza. Fu la classica goccia che fece traboccare il vaso. Perpetrata
da decenni, l'aggressività degli israeliani sul popolo palestinese aveva
oltrepassato il limite della sopportazione.
La rivolta fu caratterizzata da scontri con le forze occupanti, azioni di
disobbedienza civile, boicottaggio delle merci israeliane e pubblica
esposizione di bandiere palestinesi. Organizzata da comitati popolari spontanei
e dal neocostituito Comando Nazionale Unificato dell’intifada, la rivolta
coinvolse soprattutto giovani e adolescenti e diede luogo a forme di
autogestione della vita quotidiana, riuscendo a porre la questione palestinese
all’attenzione della comunità internazionale.
La rivolta si allargò ad altri campi profughi palestinesi e infine giunse a
Gerusalemme. Il 22 dicembre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
condannò Israele per aver violato la Convenzione di Ginevra, a causa del
numero di morti palestinesi nelle prime poche settimane di scontri. Nel 1988 e
nel 1989 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò altre risoluzioni di condanna
contro Israele. Gli israeliani, sul campo, non utilizzarono forme di contenimento, le truppe infatti non disponevano di lacrimogeni o proiettili di
gomma. I soldati mandati a controllare le piazze sparavano proiettili
d’ordinanza, che causavano nuove vittime.
Così ogni funerale, ogni lutto, si trasformavano in occasioni per nuove
proteste. L’allora premier israeliano Ytzhak Shamir promise al suo Paese che
tutto ciò sarebbe durato poche settimane. «Entro il 31 dicembre tutto questo
sarà finito», diceva. Ma le rivolte continuarono per mesi, addirittura anni. Solo la Prima
Guerra del Golfo nel 1991 avrebbe posto fine alla ribellione, che comunque
aveva lasciato un’impronta profonda nella storia del Medio Oriente.
L’Intifada riuscì ad affermare il ruolo di soggetto politico autonomo dei
palestinesi e l’impossibilità di prescindere dall’OLP per avviare un’effettiva
prospettiva di pace. Tra le sue conseguenze più immediate vanno ricordate la
rinuncia da parte del re Hussein di Giordania alle rivendicazioni sui territori
della Cisgiordania e la proclamazione unilaterale da parte dell’OLP dello Stato
di Palestina nel novembre del 1988.
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