"Quando
re Umberto fu ucciso a Monza, le scuole erano chiuse. Il maestro fece suonare
la campana del municipio che suonava solo per l'ora della scuola, e noi ragazzi
vi accorremmo tutti. Il maestro piangeva. Fra le
lacrime, a gran pena, ci raccontò dell'assassinio. Anche noi piangevamo
tutti e rientrammo a casa in lacrime, e in lacrime annunziammo la sciagura al
babbo.
Egli ci confortò facilmente, spiegandoci che il re non era così
buono come si diceva,
che aveva fatto uccidere a freddo dei buoni cittadini - «chi di ferro ferisce
di ferro perisce» - e mandato a farsi massacrare dei soldati in Africa; che la
Sardegna non aveva conosciuto che re prepotenti e ladri e che quanti più re morivano tanto meglio era per la sorte
di tutti; che il re lasciava un figlio ricchissimo, il quale a sua volta
sarebbe re, mentre quando muore il padre di un povero i figli sono alla fame.
E
alla fine ci mandò a chiamare «quel brav'uomo di maestro che piange così a
sproposito»; il quale anche lui deve essersi facilmente confortato, perché
rimase a casa a pranzo, e uscì - io l'ho ancora presente - soddisfatto, le
guance arrossate e il sigaro in bocca. Né più si parlò del re”.
([testo
tratto da Emilio Lussu, Il Cinghiale del diavolo
e altri scritti sulla Sardegna, a cura di Simonetta Silvestroni, Giulio Einaudi
editore, Torino 1976, pagg.62]
*Re mitraglia
è il pluiricriminale Umberto l che ancora oggi
campeggia nelle nostre Vie e Piazze. Nel 1898 (8 e 9 maggio), le truppe
del generale Fiorenzo Bava Beccaris spararono sulla folla inerme uccidendo
circa 80 dimostranti e ferendone più di 400. Ebbene il re Umberto, ribattezzato
dagli anarchici Re mitraglia, forse per premiare il generale stragista per la
portentosa “impresa” non solo lo insignì della croce dell’Ordine militare di Savoia
ma in seguito lo nominerà senatore!
Francesco
Casula
Saggista, storico della letteratura sarda
autore
del libro, tra gli altri, de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”
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