lunedì 7 dicembre 2020

Ricchezza materiale non significa civiltà. Di Pier Franco Devias.



La civiltà non si misura a suon di rivoluzioni tecnologiche, o dj famosi nelle discoteche, di resort extralusso o di turismo spaziale. Spesso, troppo spesso, i luoghi che tutti riteniamo esempio di civiltà sono fondati sulla tacita e consuetudinaria accettazione della barbarie, della sopraffazione, della diseguaglianza.

 Perché nella nostra putrescente "civiltà" occidentale siamo stati educati a considerare civile ciò che è materialmente progredito, non ciò che è umanamente evoluto. Il progresso è calibrato sulla funzionalità dell'oggetto, non sulla qualità della vita della persona. Perciò è facile imbattersi in situazioni paradossali, con una tecnologia d'avanguardia in una casa al cui interno vige una concezione sociale di stampo medievale.

 Un posto civile, anzi, un faro di civiltà, indipendentemente dalle condizioni economiche materiali, è quel posto dove - dopo un colpo di Stato filostatunitense costellato di massacri - il nuovo governo si pone, concretamente, l'obiettivo di costruire una società migliore, a partire dal campo d'azione dei suoi Ministeri.

 E sono queste le nazioni da prendere ad esempio per poter vivere in un mondo migliore, anche se non mandano ricchi turisti nello spazio e non hanno città del  divertimento nel deserto.

 Nella foto: Sabrina Orellana Cruz, donna indigena quechua, storica attivista della Confederazione Nazionale delle donne Campesine. Ministra boliviana della Cultura, della Decolonizzazione e della Depatriarcalizzazione.

Pier Franco Devias


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