Viepiù
disorientati. Spaventati. Disperati. A lamentarci. Ma senza indignarci. Con le
comunità di paese, spogliate di tutto, in morienza. Colpite, come le città, dal
covid-19: e dunque anche affamate e ridotte agli stenti. Con i giovani senza avvenire e senza progetti: al
massimo aggrappati alla movida. Senza più un orizzonte né un destino comune. Senza sapere dove andare né chi siamo. Girando in un
tondo senza un centro: come pecore matte. E contagiate. Una Sardegna ancor più
colonizzata e dipendente.
Una Sardegna degli speculatori, dei predoni e degli avventurieri
economici e finanziari di mezzo mondo, di ogni risma e zenia: che
continuano a rubarci territorio: terra e mare. Per i loro affari energetici e
non solo. Con uno Stato, ancor più lontano e ostile: ma non perchè "ci
chiude in casa" ma perchè continua a "internarci" nella
dipendenza coloniale, accentuando le disuguaglianze sociali e territoriali.
E che vorrebbe ancor più poteri, per scuoiarci maggiormente,
emarginandoci, in toto e definitivamente. Con una Regione tutta invischiata
in equilibri e interessi di casta e di potere. Siamo ormai ridotti a un
territorio anonimo: senza storia e senza radici, senza cultura, e senza lingua.
Disincarnata e sradicata. Ancor più globalizzata e omologata: Senza identità. Senza popolo. Senza più alcun codice
genetico e dunque organismi geneticamente modificati (OGM). Ovvero con individui apolidi. Cloroformizzati e conformisti.
Una Sardegna uniforme: anche, se non di più, nella malattia.
Francesco Casula
Saggista, storico della letteratura sarda
autore del libro, tra gli altri, de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”
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