mercoledì 16 dicembre 2020

S’Apesta e sos sardos. Di Francesco Casula.


 

Viepiù disorientati. Spaventati. Disperati. A lamentarci. Ma senza indignarci. Con le comunità di paese, spogliate di tutto, in morienza. Colpite, come le città, dal covid-19: e dunque anche affamate e ridotte agli stenti. Con i giovani senza avvenire e senza progetti: al massimo aggrappati alla movida. Senza più un orizzonte né un destino comune. Senza sapere dove andare né chi siamo. Girando in un tondo senza un centro: come pecore matte. E contagiate. Una Sardegna ancor più colonizzata e dipendente.

 Una Sardegna degli speculatori, dei predoni e degli avventurieri economici e finanziari di mezzo mondo, di ogni risma e zenia: che continuano a rubarci territorio: terra e mare. Per i loro affari energetici e non solo. Con uno Stato, ancor più lontano e ostile: ma non perchè "ci chiude in casa" ma perchè continua a "internarci" nella dipendenza coloniale, accentuando le disuguaglianze sociali e territoriali.

 E che vorrebbe ancor più poteri, per scuoiarci maggiormente, emarginandoci, in toto e definitivamente. Con una Regione tutta invischiata in equilibri e interessi di casta e di potere. Siamo ormai ridotti a un territorio anonimo: senza storia e senza radici, senza cultura, e senza lingua. Disincarnata e sradicata. Ancor più globalizzata e omologata: Senza identità. Senza popolo. Senza più alcun codice genetico e dunque organismi geneticamente modificati (OGM). Ovvero con individui apolidi. Cloroformizzati e conformisti. Una Sardegna uniforme: anche, se non di più, nella malattia.


 Francesco Casula

Saggista, storico della letteratura sarda

 autore del libro, tra gli altri, de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”

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