mercoledì 7 aprile 2021

Una nuova variante a Cagliari «Potrebbe essere più infettiva»


 

C'è una nuova variante, si chiama A.27, può essere legata a una maggiore capacità di diffusione del virus ed è stata scoperta in Sardegna nel laboratorio dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari. «L'abbiamo trovata il 18 marzo, fino a quel momento era sconosciuta in Italia, si aveva notizia di qualche caso all'estero, in Slovenia, Francia, Svizzera e Regno Unito, poi la settimana dopo è stata registrata anche in Sicilia», spiega il direttore, Ferdinando Coghe, che ha fatto il sequenziamento insieme con il collega Germano Orrù, responsabile del servizio di Biologia Molecolare, e i loro team.

 

Una scoperta importante. La situazione nell'Isola è preoccupante, ma questo elemento «non deve farci allarmare ulteriormente», sottolinea Coghe, «è un dato molto importante per la comunità scientifica, perché ci aiuta a capire cosa potrebbe succedere nel prossimo futuro». La variante A.27 - al momento da noi circola maggiormente quella inglese (85% dei casi) - «presenta un mix di due mutazioni peculiari, la N501Y e la L452R che, in combinazione con alcune mutazioni aggiuntive, sembrano responsabili di una maggiore trasmissione del virus».

 

Per ora è stata individuata in quattro sardi, tre cagliaritani e un altro residente in provincia: uno dei malati, il più anziano, con altre patologie, è morto, gli altri tre, intorno ai cinquant'anni, sono tutti in cura a domicilio. Non si sa molto su come si siano infettati, uno è un vigile urbano, gli altri per lavoro hanno avuto diversi contatti con altre persone, uno è un episodio di un cluster familiare.

 

Ricerche degli scienziati. Andare a caccia di varianti è un'operazione lunga, complessa e altamente specialistica - qui realizzata grazie all'acquisizione da parte dell'Aou di una sofisticata piattaforma per il sequenziamento genico in Next Generation Sequencing (NGS) con processività medio-alta. «Perché si studiano e si cerca di scovare le varianti?», prosegue Coghe, «innanzitutto per valutare la diffusività e la patogenicità del virus e la possibile resistenza agli antivirali e ai vaccini. L'altro scopo è supportare il decisore politico nelle decisioni sulle misure di protezione e di contenimento, come la chiusura di una scuola o delle attività economiche».

 

Efficacia dei vaccini. E i vaccini, sono armi potenti anche contro le varianti? «Il vaccino induce una risposta immunitaria, le varianti possono eludere il sistema immunitario naturale, dunque, a maggior ragione quello dei vaccini», spiega dottor Coghe. «E per me è molto più importante l'elusione del sistema immunitario naturale che la resistenza al vaccino, perché i vaccini che stiamo utilizzando possono essere modificati, come si fa con gli antinfluenzali. Diverso è se il virus riesce ad aggirare il sistema immunitario in toto, a quel punto ci troveremmo di fronte a un virus che muta con una rapidità tale – come ad esempio l'Hiv - che renderebbe vano qualsiasi vaccino». Ma per ora sappiamo che i vaccini funzionano, anche se sulla brasiliana alcuni pazienti non hanno risposto (o lo hanno fatto in misura ridotta) alla somministrazione.

 

L'importanza dei tamponi. «È necessario cercare le varianti, il sequenziamento ha un'importanza strategica nella lotta al coronavirus, questa metodologia di indagine deve essere portata avanti con forza, come raccomanda l'Ecdc e l'Iss, con i tamponi molecolari. Se il virus muta, noi dobbiamo inseguirlo e mutare anche noi, abbandonare la strada del test a tutti i costi e subito e seguirne una più difficile ma con un risultato certo».

 

Cristina Cossu

 

 

Articolo “Unione Sarda” del 07.04.2021

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Federico Marini

marini.federico70@gmail.com

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