martedì 6 aprile 2021

Il problema non sono le nuove province, ma quelli che le governano. Di Lucia Chessa.


 


 

La Lombardia ha 10 milioni di abitanti, il Lazio quasi 6, la Calabria quasi 2. Noi, in Sardegna, siamo 1 milione e seicentomila. La Lombardia, per esempio, ha 420 abitanti per km quadrato, la Liguria quasi 300, la Sicilia quasi 200. Noi, in Sardegna, siamo 67 per km quadrato. Meno di noi solo Basilicata e Valle d’Aosta. Ecco, sono questi i numeri con i quali, pochi giorni fa, con voto quasi bulgaro (34 si e 7 no) il Consiglio Regionale della Sardegna ha creato 6 province: Gallura, Nuoro, Oristano, Medio Campidano, Sulcis, Ogliastra e due città metropolitane: Cagliari e Sassari.

 

Va bene! Ma siccome va da sé che se aggiungi metropoli sottrai ruralità, non è che a me questa sembri una grande trovata. Non mi sembra gran che vantaggioso cancellare, su carta, le aree rurali, invece che trovare il modo, la via della loro valorizzazione. Lo so, fa molto moderno definirsi metropolitani, una sciccheria proprio, ma tanto la realtà è testarda, sfugge ai disegnini a tavolino di una politica mediocre che gioca al piccolo geometra. Io non vorrei dirlo, ma fanno un po’ ridere due città metropolitane in Sardegna. Sembrano l’esito della vecchia contesa tra “Tattari manna e Casteddu minore” in una magica e strabiliante estensione del campanilismo rurale alla dimensione metropolitana.

 

Io sono sempre stata per le province. Ho amministrato un piccolo comune e ho presieduto una comunità montana. Ho capito sul campo il ruolo delle province. A patto che, naturalmente, siano in numero adeguato e non si moltiplichino per fame di poltrone e a patto che siano governate onestamente, ma questa è un’altra storia. Quello che non mi torna è che ieri, quando era estremamente impopolare, io e pochi altri sostenevamo l’utilità delle province mentre quelli che oggi ne hanno fatto 6 (più due città metropolitane) ne chiedevano a gran voce l’abolizione.

 

Facevano banchetti per raccogliere le firme, sparano ad alzo zero su chiunque accennasse a dire che era meglio pensarci bene ed informare bene sulla differenza tra le quattro province che non potevano essere abolite da un referendum e quelle 4, aggiunte dopo, che lo stato non aveva mai riconosciuto. Eravamo in pochi a dire e a pensare che non stava né in cielo né in terra smantellare le province, commissariarle, svuotarle dando per scontato che il referendum di Renzi le avrebbe abolite. E invece niente. Quelli che oggi le resuscitano in gran numero erano gli stessi che ieri scaricavano su quella istituzione le loro mediocrità e le loro disonestà. Come se fosse colpa della macchina se qualcuno la guida male.

 

Ma quale classe politica smantella, commissaria, agisce dando per scontato l’esito di un referendum? Quale classe politica fa un’operazione di questo tipo e poi, dopo che ha smantellato, danneggiato, creato vuoti e disservizi, smentita clamorosamente dal voto referendario, non ne risponde?

 

Ma come si sono permessi di anticipare la pronuncia popolare, dandola per scontata, come che la consultazione referendaria fosse una specie di formalità dall’esito già dato a priori. E quale classe politica dopo aver smantellato arbitrariamente ricostruisce con nonchalance, come che lo smantellamento istituzionale e poi la ricostruzione non abbia un costo che paghiamo noi? Quelli che oggi hanno votato le 6 province e le 2 città metropolitane in Sardegna sono gli stessi che ieri le volevano abolire per assecondare la rabbia popolare contro la politica e le sue istituzioni.

 

Sono gli stessi. Indegni come non mai. ma la truffa non è finita qui. Entro dicembre si andrà a votare, in Sardegna, per le nuove province. Ci saranno Presidenti come prima, Consigli Provinciali come prima, Giunte Provinciali come prima. Con una piccola differenza cari miei cittadini che vi siete fatti prendere per il naso dell’antipolitica da quelli che sull’antipolitica hanno costruito le loro carriere politiche. La differenza è che prima i Presidenti e i Consigli Provinciali li votavate voi. Se erano buoni era merito vostro. Se erano cattivi era colpa vostra perché, ne sono convinta, ogni paese ha la classe dirigente che si merita. Da oggi non sarà più così. Voteranno solo i sindaci e gli amministratori comunali e questo vuol dire una cosa sola. Che quei ruoli se li spartiranno i partiti maggiori e le loro coalizioni. Centro destra e centrosinistra, dove tranquillamente e organicamente sta confluendo il neomovimento 5 stelle in alleanza con il PD. Sono le elezioni di secondo livello bellezza.

 

Così hanno deciso trasversalmente, destra e sedicente sinistra, dopo un decennio di commissari a capo delle province, anch’essi lottizzati, frutto di accordi sottobanco, luogo per piazzare su cariche elettive gente mai eletta, benché sempre candidata. E così continua, a tutti i livelli, l’estromissione del popolo sovrano dalle scelte. E in tutta questa enormità, prima dell’approvazione di questo schifo di riordino degli enti locali di Sardegna, si sono attardati a discutere, come fosse il punto fondamentale, se lasciare Paolo Truzzu (Fratelli D’Italia) sindaco della nuova città metropolitana, come guarda a caso, voleva F.D.I. o commissariare come voleva Solinas che giustamente coglieva l’opportunità per un’altra nomina che è sempre ghiottissima occasione.

 

Hanno trovato l’accordo. Truzzu rimane sindaco dei 17 comuni della attuale città metropolitana, Solinas si nominerà un commissario per i 54 comuni che, svegliandosi metropolitani da un giorno all’altro, allargano i confini del nuovo ente. Costo della operazione di riassetto istituzionale? 796mila euro nel 2021, 835mila nel 2022. (fonte ansa). Cari i miei cittadini, non erano le province il problema, ma quelli che vi votate a governare.

 

Di Lucia Chessa

 

Nessun commento:

Posta un commento