La Lombardia
ha 10 milioni di abitanti, il Lazio quasi 6, la Calabria quasi 2. Noi, in
Sardegna, siamo 1 milione e seicentomila. La Lombardia, per esempio, ha 420
abitanti per km quadrato, la Liguria quasi 300, la Sicilia quasi 200. Noi, in Sardegna, siamo 67 per km quadrato. Meno di noi solo
Basilicata e Valle d’Aosta. Ecco, sono questi i numeri con i quali,
pochi giorni fa, con voto quasi bulgaro (34 si e 7 no) il Consiglio Regionale
della Sardegna ha creato 6 province: Gallura, Nuoro, Oristano, Medio Campidano,
Sulcis, Ogliastra e due città metropolitane: Cagliari e Sassari.
Va bene! Ma
siccome va da sé che se aggiungi metropoli sottrai ruralità, non è che a me
questa sembri una grande trovata. Non mi sembra gran che vantaggioso cancellare,
su carta, le aree rurali, invece che trovare il modo, la via della loro
valorizzazione. Lo so, fa molto moderno definirsi metropolitani, una sciccheria
proprio, ma tanto la realtà è testarda, sfugge ai disegnini a tavolino di una
politica mediocre che gioca al piccolo geometra. Io non
vorrei dirlo, ma fanno un po’ ridere due città metropolitane in Sardegna.
Sembrano l’esito della vecchia contesa tra “Tattari manna e Casteddu minore” in
una magica e strabiliante estensione del campanilismo rurale alla dimensione
metropolitana.
Io sono
sempre stata per le province. Ho amministrato un piccolo comune e ho presieduto
una comunità montana. Ho capito sul campo il ruolo delle province. A patto che,
naturalmente, siano in numero adeguato e non si moltiplichino per fame di
poltrone e a patto che siano governate onestamente, ma questa è un’altra
storia. Quello che non mi torna è che ieri, quando era estremamente impopolare,
io e pochi altri sostenevamo l’utilità delle province
mentre quelli che oggi ne hanno fatto 6 (più due città metropolitane) ne
chiedevano a gran voce l’abolizione.
Facevano
banchetti per raccogliere le firme, sparano ad alzo zero su chiunque accennasse
a dire che era meglio pensarci bene ed informare bene sulla differenza tra le quattro province che non potevano essere
abolite da un referendum e quelle 4, aggiunte dopo, che lo stato non aveva mai
riconosciuto. Eravamo in pochi a dire e a pensare che non stava né in
cielo né in terra smantellare le province, commissariarle, svuotarle dando per
scontato che il referendum di Renzi le avrebbe abolite. E invece niente. Quelli
che oggi le resuscitano in gran numero erano gli stessi che ieri scaricavano su
quella istituzione le loro mediocrità e le loro disonestà. Come se fosse colpa
della macchina se qualcuno la guida male.
Ma quale
classe politica smantella, commissaria, agisce dando per scontato l’esito di un
referendum? Quale classe politica fa un’operazione di questo tipo e poi, dopo
che ha smantellato, danneggiato, creato vuoti e disservizi, smentita
clamorosamente dal voto referendario, non ne risponde?
Ma come si
sono permessi di anticipare la pronuncia popolare, dandola per scontata, come
che la consultazione referendaria fosse una specie di formalità dall’esito già
dato a priori. E quale classe politica dopo aver smantellato arbitrariamente
ricostruisce con nonchalance, come che lo smantellamento istituzionale e poi la
ricostruzione non abbia un costo che paghiamo noi?
Quelli che oggi hanno votato le 6 province e le 2 città metropolitane in
Sardegna sono gli stessi che ieri le volevano abolire per assecondare la rabbia
popolare contro la politica e le sue istituzioni.
Sono
gli stessi. Indegni come non mai. ma la truffa non è finita qui. Entro dicembre
si andrà a votare, in Sardegna, per le nuove province. Ci saranno
Presidenti come prima, Consigli Provinciali come prima, Giunte Provinciali come
prima. Con una piccola differenza cari miei cittadini che vi siete fatti
prendere per il naso dell’antipolitica da quelli che sull’antipolitica hanno
costruito le loro carriere politiche. La differenza è che prima i Presidenti e
i Consigli Provinciali li votavate voi. Se erano buoni era merito vostro. Se
erano cattivi era colpa vostra perché, ne sono convinta, ogni paese ha la
classe dirigente che si merita. Da oggi non sarà più
così. Voteranno solo i sindaci e gli amministratori comunali e questo vuol dire
una cosa sola. Che quei ruoli se li spartiranno i partiti maggiori e le loro
coalizioni. Centro destra e centrosinistra, dove tranquillamente e organicamente
sta confluendo il neomovimento 5 stelle in alleanza con il PD. Sono le elezioni
di secondo livello bellezza.
Così hanno
deciso trasversalmente, destra e sedicente sinistra, dopo un decennio di
commissari a capo delle province, anch’essi lottizzati, frutto di accordi
sottobanco, luogo per piazzare su cariche elettive gente mai eletta, benché
sempre candidata. E così continua, a tutti i livelli,
l’estromissione del popolo sovrano dalle scelte. E in tutta questa
enormità, prima dell’approvazione di questo schifo di riordino degli enti
locali di Sardegna, si sono attardati a discutere, come fosse il punto
fondamentale, se lasciare Paolo Truzzu (Fratelli D’Italia) sindaco della nuova
città metropolitana, come guarda a caso, voleva F.D.I. o commissariare come
voleva Solinas che giustamente coglieva l’opportunità per un’altra nomina che è
sempre ghiottissima occasione.
Hanno trovato
l’accordo. Truzzu rimane sindaco dei 17 comuni della attuale città
metropolitana, Solinas si nominerà un commissario per i 54 comuni che,
svegliandosi metropolitani da un giorno all’altro, allargano i confini del
nuovo ente. Costo della operazione di riassetto istituzionale? 796mila euro nel
2021, 835mila nel 2022. (fonte ansa). Cari i miei
cittadini, non erano le province il problema, ma quelli che vi votate a
governare.
Di Lucia Chessa
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