Non ho
avuto voglia di commentare a caldo ma a me, più passano i giorni, più mi
offende quell’immagine della Presidente della Commissione Europea, in piedi,
davanti a due maschi seduti, accomodati in poltrona, con le bandiere della
Turchia e dell’Unione Europea bene spiegate alle loro spalle. Mi offende l’immagine della Presidente in piedi perché donna,
in un incontro istituzionale dove due sedie chiarivano a lei e a tutte le donne
del mondo che diritti non ne hanno.
Poco
importa cosa avrei fatto io, come avrei reagito all’umiliazione di quella
situazione appositamente costruita e come avrei guardato l’arroganza di quei
due maschi, capi di stato e presidenti del consiglio d’Europa, così miseramente
ereti nella loro ridicola condizione di maschi. Io mi
chiedo che mondo si apre e che tempo ci aspetta perché a me non sembra che si
preannunci niente di buono. E’ enorme, nella sua esibita teatralità e
nella accuratezza di quei meticolosi protocolli, lo schiaffo violento che
Erdogan ha voluto dare in faccia alle donne nella stupida e meschina ignavia
dell’europeissimo Charles Michel.
A chi
parlava il sultano nella sua cafoneria presidenziale? A
chi parlava lui che raccomanda alle donne di non ridere in modo troppo vistoso
e chiassoso perché la gioia non si addice al genere femminile? Parlava
ad Ursula senz’altro, parlava alle donne turche che protestano per l’uscita
della Turchia dalla convenzione di Istambul senz’altro, parlava alle donne di
tutto il mondo che devono ricordare di tenere la testa e gli occhi bassi
senz’altro.
E
poi parlava anche ad un'Europa debolissima, incapace di affermare e difendere i
diritti delle donne
e degli uomini e ripiegata sulle ragioni imposte dai mercati. Erdogan
all'Europa voleva ricordare chi è il più forte. Credo che al mondo ci sia una
questione femminile enorme, fatta di disparità, di violenza, di umiliazione. C’è una nuova aggressione a tutto campo ai diritti delle
donne. Quelli economici, quelli civili, quelli umani. E più donne ne
saranno consapevoli e saranno vigili e disponibili alla lotta e alla sorellanza,
meglio sarà.
Di Lucia Chessa
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