venerdì 30 aprile 2021

Sussidi al reddito, nuovo boom nell'Isola


 

L'assalto agli sportelli regionali di Inps, Caf e patronati era previsto, ma forse non con queste dimensioni. L'esercito tutto sardo di cittadini in difficoltà economica che hanno richiesto il reddito o la pensione di cittadinanza sta ingrossando ogni mese le proprie fila e, secondo le ultime rilevazioni dell'Osservatorio sul precariato dell'Inps, ha ormai superato nel primo trimestre dell'anno quota 111mila unità. Solo a marzo le nuove famiglie che ne hanno fatto domanda sono state 6.500 con un balzo di quasi il 12% rispetto ai 30 giorni precedenti.

 

Emergenza sociale. La corsa agli aiuti di Stato, come detto, era data per certo in Sardegna. Migliaia di disoccupati e inoccupati, ma anche imprenditori schiacciati dai lockdown o famiglie rimaste con un solo reddito, hanno resistito il più possibile con i propri risparmi, ma ora hanno dovuto alzare bandiera bianca. Chi ne avrà diritto potrà ricevere un assegno dell'importo medio di 522 euro: ossigeno puro per chi non ha entrate da mesi.

 

Quadro nazionale Nel resto del Paese la situazione non è più rosea: sono infatti 1,5 milioni le famiglie con almeno una mensilità di reddito o pensione di cittadinanza nel 2021 con una spesa negli ultimi due anni, a partire dall'introduzione della misura contro la povertà di quasi 13 miliardi. A marzo di quest'anno le famiglie con il beneficio erano oltre 1,1 milioni per 2,6 milioni di persone coinvolte nel complesso. Una parte consistente del beneficio è stato erogato al Sud con la provincia di Napoli che concentra quasi un sesto della spesa complessiva, quasi come l'intero Nord. Insomma, dopo la flessione registrata a febbraio per i ritardi nella presentazione della Dichiarazione sostitutiva unica i nuclei beneficiari sono tornati a salire.

 

L'importo medio ricevuto per famiglia è di 553 euro nel trimestre e di 559 se si guarda solo a marzo. Nel Sud hanno ricevuto nel mese il sussidio 742.735 famiglie a fronte di meno di 225.000 al Nord. e 165.453 famiglie al Centro. L'importo medio nel Mezzogiorno è superiore di circa 100 euro (589 contro 488) rispetto al Nord. La Campania è in testa con 252.213 famiglie con il sussidio e 668.817 persone coinvolte (oltre una su quattro in Italia) mentre è pari a 625 euro l'importo medio.

 

Articolo “Unione Sarda” del 30.04.2021

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Federico Marini

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martedì 27 aprile 2021

Ricordando Gramsci nell’84esimo anniversario della sua scomparsa. Di Francesco Casula.



1.Gramsci e il suo primo sardismo. Nelle sue prime esperienze politiche in Sardegna fu fortemente antipiemontese e fu attratto da un Sardismo molto radicale e contiguo al separatismo, tanto da far propria la parola d’ordine “A mare i continentali!” che in qualche modo significava rivendicare l’indipendenza e la separazione della Sardegna dall’Italia.

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2. Gramsci e il colonialismo. Con la Sardegna e con le sue radici Gramsci mantenne sempre un rapporto molto stretto: certo per motivi affettivi - basta ricordare le sue Lettere dal carcere - ma non solo. I ricordi dell’infanzia e della prima giovinezza trascorsi soprattutto a Ghilarza prima e a Cagliari poi, durante il periodo del Liceo al “Dettori” (1908-1911), rimasero sempre impressi in tutta la sua esistenza e certo lo aiutarono a livello umano, fra l’altro forgiandolo nel suo carattere forte e coriaceo, unico strumento per superare le immani difficoltà che dovrà attraversare nella sua tormentata vita - si pensi in modo particolare al carcere - ma diedero corpo anche alla sua complessa elaborazione intellettuale e politica.

 

Di queste sofferenze egli parlerà a più riprese, fra l’altro scrivendone il 16 Aprile 1919 in un articolo per l’edizione piemontese dell’Avanti avente per titolo I dolori della Sardegna. In cui ricorderà quanto aveva affermato “nell’ultimo congresso sardo tenuto a Roma, un generale sardo: che cioè nel cinquantennio 1860-1910 lo Stato italiano, nel quale hanno sempre predominato la borghesia e la nobiltà piemontese, ha prelevato dai contadini e pastori sardi 500 milioni di lire che ha regalato alla classe dirigente non sarda. Perché – aggiungeva - è proibito ricordare, che nello Stato italiano, la Sardegna dei contadini e dei pastori e degli artigiani è trattata peggio della colonia eritrea in quanto lo stato <spende> per l’Eritrea, mentre sfrutta la Sardegna, prelevandovi un tributo imperiale”.

 

E non si tratta di fantasie. Proprio nel Congresso cui fa cenno Gramsci – che si tenne tra il 10 e il 15 Maggio del 1914, fu il primo Congresso regionale sardo di Roma e non l’ultimo come sbagliando afferma Gramsci che per di più lo colloca nel 1911– ci fu chi come il deputato Carboni-Boy dimostrerà nella sua relazione che il gettito fiscale prelevato in Sardegna era esorbitante non solo in relazione alle risorse di cui poteva disporre l’Isola ma al reddito reale dei suoi abitanti. “Il balzello” finiva così per “paralizzare ogni forza produttiva e ogni risparmio”. In effetti per conseguenza di quel regime fiscale l’abitante della Sardegna versava allo Stato complessivamente lire 3,53 di imposte e risultava quindi “gravato come quasi e anche di più sosteneva il Carboni-Boy- di quello di regioni ricchissime” quali il Piemonte (lire 3,78), il Lazio (lire 3,56), la Toscana (lire 2,66)” .

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3. Gramsci, l’autonomia, il federalismo e Lussu. Gramsci pur abbandonando le iniziali e giovanili posizioni “separatiste”, fin dai tempi de “L’Ordine Nuovo” nel 1919, si pone il problema dell’Autonomia e del Federalismo anche se mancherà nei suoi scritti – ad iniziare dai Quaderni – una tematizzazione del problema e dunque uno sviluppo specifico, organico e compiuto della Questione istituzionale e dello stato federale. Gramsci pensava a uno Stato federale con 4 repubbliche socialiste: Sardegna, Sicilia, repubblica del Nord e del Sud.

 

Questa divisione susciterà il dissenso aperto di Emilio Lussu che obietterà: “Repubblica sarda e repubblica siciliana sta bene, ma il resto? Si può dividere l’Italia continentale, nettamente, in due sole parti? E dove finisce il Nord e incomincia il Sud? L’Italia centrale dovrebbe tutta andare al Nord sicché la Repubblica del Nord diventerebbe, a un dipresso, ciò che è la Prussia nella Confederazione germanica dove <chi tiene la Prussia tiene il Reich?> Assolutamente no. O dovrebbe tutta andare col Sud? Inconcepibile...  mi pare insomma che l’Italia peninsulare non possa dividersi in due soli raggruppamenti di regioni così differenti, senza viziare fin dalle basi il concetto fondamentale del federalismo”.

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4. Gramsci e la Questione Meridionale. Nella elaborazione gramsciana la “Questione meridionale” assume il valore di una vera e propria questione nazionale, anzi la più importante questione della storia italiana. Essa viene sviluppata segnatamente nel saggio Alcuni temi della questione meridionale ma è anche presente in molti appunti che si trovano nei Quaderni dal carcere. In Gramsci il “meridionalismo” per intanto si trasferiva da elitari circoli intellettuali alle masse e si ricomponeva così l’unità della teoria e della prassi, alla base di tutta la sua riflessione, perché per l’eroe antifascista occorre certo conoscere il mondo ma –marxisticamente- per cambiarlo e non solo per capirlo e interpretarlo.

 

In secondo luogo – per così dire come premessa – Gramsci rifiuta con sdegno le tesi delle cosiddette tare criminogene dei sardi e dei meridionali, sostenute allora persino in certi ambienti socialisti impregnati di positivismo - è il caso di Enrico Ferri, direttore dell’Avanti, organo del Partito socialista, dal 1904 al 1908 e deputato dello stesso partito per molte legislature - secondo le quali le popolazioni meridionali erano inferiori “per natura”. Questa ideologia pararazzistica aveva fatto breccia anche tra le masse lavoratrici del Nord: in qualche modo ne è testimonianza un’orrenda ma significativa espressione di Trampolini, massimo esponente del socialismo emiliano, secondo il quale gli italiani si dividevano in “nordici” e “sudici”.

 

Ma anche quando non sfociano in queste espressioni al limite del razzismo, le posizioni complessive dei Socialisti – e dunque non solo quelle di Filippo Turati e dei riformisti – sono di totale sfiducia nelle possibilità del proletariato meridionale: il loro interesse infatti è rivolto esclusivamente alla classe operaia del Nord e alle sue organizzazioni. Di qui l’abbandono sdegnato del Partito socialista da parte di Gaetano Salvemini, che al PSI rimprovererà proprio di essere “nordista”, ovvero di interessarsi solo delle oligarchie operaie delle industrie settentrionali mentre rimane estraneo quando non ostile rispetto agli interessi dei contadini meridionali.

 

Nell’affrontare la Questione meridionale l’intellettuale di Ghilarza pone in prima istanza la necessità di un’alleanza stabile e storica fra gli operai del Nord e i contadini del sud e dunque manda gambe all’aria non solo il positivismo razzistico di certo socialismo ma la sfiducia generale che si nutriva dei confronti dei contadini. In questa posizione si sente fortissimo il suo essere sardo, il legame con la sua terra, la conoscenza e la consapevolezza dei mali dell’Isola; insieme l’elaborazione che fa della “Questione meridionale” è strettamente legata alla strategia rivoluzionaria del Partito comunista di allora.

 

Gramsci nella sua elaborazione parte dalla considerazione che l’esistenza delle due Italie - una sviluppata e l’altra sottosviluppata - erano il risultato inevitabile del processo risorgimentale, di come si era realizzata l’unità, senza la partecipazione e il coinvolgimento delle masse contadine. Si era trattato in buona sostanza di una “rivoluzione passiva” che aveva visto protagonista e vincente il cosiddetto blocco storico conservatore, costituito dagli industriali del Nord alleati e complici con gli agrari del Sud e con gli intellettuali che facevano da cerniera fra le masse sfruttate e i grandi latifondisti meridionali.

 

5. Gramsci e la lingua sarda: la lettera a Teresina (del 26 Marzo del 1927), (….) “Franco mi pare molto vispo e intelligente: penso che parli già correttamente. In che lingua parla? Spero che lo lascerete parlare in sardo e non gli darete dei dispiaceri a questo proposito. E’ stato un errore, per me, non aver lasciato che Edmea, da bambinetta, parlasse liberamente in sardo. Ciò ha nociuto alla sua formazione intellettuale e ha messo una camicia di forza alla sua fantasia. Non si deve fare questo errore coi tuoi bambini. Intanto il sardo non è un dialetto, ma una lingua a sé, quantunque non abbia una grande letteratura, ed è bene che i bambini imparino più lingue, se è possibile.

 

Poi, l’italiano, che voi gli insegnerete, sarà una lingua povera, monca, fatta solo di quelle poche frasi e parole delle vostre conversazioni con lui, puramente infantile; egli non avrà contatto con l’ambiente generale e finirà con l’apprendere due gerghi e nessuna lingua: un gergo italiano per la conversazione ufficiale con voi e un gergo sardo, appreso a pezzi e bocconi, per parlare con gli altri bambini e con la gente che incontra per la strada o in piazza. Ti raccomando proprio di cuore, di non commettere un tale errore, e di lasciare che i tuoi bambini succhino tutto il sardismo che vogliono e si sviluppino spontaneamente nell’ambiente naturale in cui sono nati: ciò non sarà un impaccio per il loro avvenire: tutt’altro.

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6. Gramsci e le tradizioni popolari. Sì, le tradizioni popolari: “ ...le canzoni sarde che cantano per le strade i discendenti di Pirisi Pirione di Bolotana … le gare poetiche… le feste di San Costantino di Sedilo e di San Palmerio… le feste di Sant’Isidoro”. “Sai – scrive in una lettera alla mamma il 3 Ottobre 1927 – che queste cose mi hanno sempre interessato molto, perciò scrivimele e non pensare che sono sciocchezze senza cabu nè coa”. In altre opere ribadirà che il folclore non deve essere concepito come una bizzarria, una stranezza o un elemento pittoresco, ma come una cosa che è molto seria e da prendere sul serio. Solo così – fra l’altro – l’insegnamento sarà più efficiente e determinerà realmente una nuova cultura nelle grandi masse popolari, cioè sparirà il distacco fra la cultura moderna e la cultura popolare o folclore. In altre occasioni sottolinea che folclore è ciò che è e “occorrerebbe studiarlo come una concezione del mondo e della vita”, “riflesso della condizione di vita culturale di un popolo“ in contrasto con la società ufficiale.

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7. Gramsci e il “folclorismo”. Quello che invece Gramsci critica è il “folclorismo“, ovvero l’abbandono all’isolamento storico e a una cultura arbitrariamente privata di ogni residua mobilità, che definisce , malattia mortale di una cultura disattenta ai significati progressivi della esperienza popolare e invece esaurita nel rispecchiamento della vita passata, nella celebrazione di quei “valori” che disturbano meno la morale degli strati dirigenti e rendono in questo senso più facili tutte le “operazioni conservatrici e reazionarie” legando viepiù il folclore “alla cultura della classe dominante”.

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8. Gramsci e le “pardulas”. In altre lettere – per esempio in quelle del 16 Novembre del 1931 alla sorella Teresina– chiede notizie su parole in sardo logudorese e campidanese e alla madre – nella lettera del 26 Febbraio del 1927 – si figura di rinnovare una volta libero e tornato al paese il “grandissimo pranzo con culurzones e pardulas e zippulas e pippias de zuccuru e figu siccada”. In un’altra lettera del 27 Giugno 1927 le chiede di mandargli “la predica di fra Antiogu a su populu de Masullas”.E al figlio Delio che parlava russo e italiano e cantava canzoncine in francese avrebbe voluto insegnare a cantare in sardo: “lassa su figu, puzzone”.

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9. Gramsci e l’utilizzo della Lingua sarda. Ma il “sardo“ di Gramsci non si ferma qui: alle pardulas e ai bimborimbò delle feste paesane, pure importanti. Il suo rientrare insistente nella lingua materna non è un fatto sentimentale. Va ben oltre. Voglio ricordare per inciso che nei primi mesi di vita studentesca nella Facoltà di Lettere a Torino i suoi interessi si rivolgono in modo particolare agli studi di glottologia di qui le sue ricerche sulla lingua sarda e il suo proposito di laurearsi, con il suo grande maestro Matteo Bartoli, proprio in glottologia. O basti pensare che si fa scrivere da due bolscevichi della “Sassari“ lo slogan della futura rivoluzione in Sardegna: “Viva sa comune sarda de sos massajos, de sos minadores, de sos pastores, de sos omines de traballu” (Avanti ,edizione piemontese del 13 Luglio 1919). Conclusione “Tu Nino sei stato molto più che un sardo, ma senza la Sardegna è impossibile capirti”: Lettera a Gramsci di Eric Hobsbawm pubblicata sull’Unione sarda il 24 aprile 2007. Hobsbawm è lo storico britannico, autore celebre de “Age of the Estremes” tradotto in Italia e pubblicato dalla Rizzoli con il titolo di “Secolo breve”

 

        Francesco Casula

Saggista, storico della letteratura sarda

 autore del libro, tra gli altri, de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”

 

 

Articolo tratto da: https://truncare.myblog.it/

 

lunedì 26 aprile 2021

Assalto al Poetto, è polemica


 


In bicicletta, sullo skate, sui pattini o di corsa. Altro che zona rossa, divieti e multe, ieri migliaia di persone hanno preso d'assalto il lungomare Poetto – da Cagliari a Quartu – per godersi la splendida giornata di sole. La brezza e la temperatura mite hanno fatto da cornice a quest'angolo di paradiso unico in Sardegna, soprattutto perché a due passi dalla città. Dalla prima fermata al Margine Rosso un unico serpentone di persone con la voglia di mettere da parte l'angoscia di un periodo da dimenticare al più presto.

 

Invasione anche alla spiaggia di Calamosca. Con la consapevolezza che stare all'aria aperta, con mascherine e giusto distanziamento, può essere un momento di svago del quale accontentarsi. Per il momento. Polizia, Carabinieri e Polizia municipale hanno eseguito i controlli di routine, intervenendo solo nei casi più pericolosi per la salute. Comunque, ha prevalso il buon senso e non sono stati registrati particolari episodi di intolleranza. È stato sufficiente un richiamo per ricordare a qualche incauto che siamo ancora in zona rossa.

 

No alla Militarizzazione. Il sindaco di Quartu Graziano Milia è un frequentatore abituale del Poetto, soprattutto quella parte che ricade sotto la giurisdizione del suo Comune. «C'era tanta gente, com'è normale in queste giornate di primavera, ma non ho visto particolari situazioni di pericolo o emergenza, almeno nel tratto che va dalla Bussola al Margine Rosso». Per il primo cittadino il momento è di alta tensione. «La gente è molto stanca e in giornate così belle cerca un po' di svago».

 

Ma siamo in zona rossa. «Meglio che si incontrino al Poetto che in altre parti, magari al chiuso. Anche gli epidemiologi spiegano che all'aperto, in un'area molto ventilata, con il giusto distanziamento e la mascherina i rischi di contagio sono nettamente più bassi che in un posto al chiuso o ammassati in una via dello shopping». Come sono andati i controlli? «I vigili urbani hanno fatto il loro lavoro. Ma niente linea dura. Deve prevalere il buon senso da parte di entrambi. E poi – aggiunge Milia – non è certo pensabile di militarizzare il Poetto. Farlo significherebbe mettere in campo uno spiegamento di Polizia e Carabinieri che non è neanche immaginabile». Un invito a stare all'aria aperta? «Io e il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu abbiamo deciso di lasciare aperti i parchi pubblici. Il concetto è chiaro, lo ribadisco: più si sta all'aria aperta meno rischi di contagio c'è».

 

Non esasperare gli animi Carlo Tack è l'assessore delle politiche della sicurezza del Comune di Cagliari. «Mi rendo conto che le regole relative alla zona rossa avrebbero imposto maggiore sicurezza, ma c'è la necessità da parte delle persone di stare all'aria aperta, di concedersi un po' di svago, almeno la domenica con queste belle giornate».

 

I divieti sono precisi. «Gli assembramenti nei luoghi chiusi vanno evitati. Il tema è delicato – aggiunge l'assessore Tack – non posso certo incitare alla violazione delle norme, ma è altrettanto difficile pretendere un loro rispetto militare. C'è il serio rischio di esasperare ancora di più gli animi e ottenere il risultato opposto: una sfida alla legge». (a. a.)

 

Articolo “Unione Sarda” del 26.04.2021

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Federico Marini

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venerdì 23 aprile 2021

VITTORIA! Comunicato di Libe.r.u. – Lìberos Rispetados Uguales


 

Accogliamo con grande soddisfazione la notizia di un impegno preciso da parte della commissaria straordinaria ASSL di Nuoro, dottoressa Cherchi, per la riapertura dell’Hospice di Nuoro già da lunedi 26. Questa è una grande vittoria popolare, una vittoria del territorio e di tutta la Sardegna, a cui hanno contribuito parlamentari, amministratori, associazioni e partiti.

 

Siamo lieti di avere contribuito anche noi di Liberu a questa storica impresa, rilanciando la questione con un clamoroso blitz davanti allo Zonchello quando la rassegnazione pareva oramai dilagare, e chiamando alla mobilitazione generale anche con la massiccia campagna degli striscioni.

 

Questa vittoria deve servire da insegnamento per tutti, perché davanti alle misure antipopolari, davanti ad una gestione elitaria, diseguale e sempre più privatistica della sanità pubblica, l’unica risposta possibile è la lotta e la mobilitazione.

 

Invitiamo la popolazione a proseguire su questa strada per la difesa di tutta la sanità pubblica, per fermarne lo smantellamento e ripristinare, nelle zone interne così come in tutta la Sardegna, un livello di assistenza e tutela che sia accettabile e al passo con le esigenze di tutti i cittadini.

 

Liberu – Lìberos Rispetados Uguales

#Liberu

 

(Nelle foto, militanti di Liberu iniziano il ritiro degli striscioni esposti da una settimana nei punti strategici della città)

 

SARDARA - «Ci dimettiamo per rispetto»


 

Si chiude un'era all'Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari. In carica dal 29 dicembre 2014, Giorgio Sorrentino si è dimesso da direttore generale ieri, nel giorno del suo sessantaseisimo compleanno. «Avremmo preferito, ovviamente, concludere il mandato in altro modo, ma il rispetto e la lealtà nei confronti dell'istituzione, ci impone di farlo oggi», scrive in una lettera ai colleghi dell'AoU, firmata anche dalle direttrici amministrativa e sanitaria – anche loro dimissionarie – Roberta Manutza e Paola Racugno.

 

«Lealtà e rispetto». «Lealtà e rispetto», precisa Sorrentino, «che ci ha sempre guidato in ogni nostra azione». La bufera è scoppiata il 7 aprile, quando i vertici dell'azienda hanno partecipato al pranzo delle polemiche di Sardara, in zona arancione e con le restrizioni del caso. Il banchetto proibito che tre giorni fa ha fatto scattare il procedimento disciplinare con l'invio di lettere dalla direzione generale dell'assessorato al Personale ai dirigenti e funzionari che erano presenti.

 

«Mi dispiace, sinceramente ritenevo si trattasse di un incontro che riguardasse più direttamente la mia azienda e per questo ho portato lo staff. È stata una leggerezza», ha subito dichiarato e poi confermato in Procura Giorgio Sorrentino quando è stato interrogato come persona informata sui fatti. Ieri ha lasciato e tornerà a fare il dirigente unico normale, il medico semplice nella struttura Programmazione e controllo guidata da Luigi Minerba. Quello che faceva prima del 2014.

 

La lettera. La lettera ai colleghi inizia così: «Abbiamo rassegnato le dimissioni per senso delle istituzioni e amore dell'azienda. Una decisione non facile e neppure semplice, ma lo facciamo con spirito libero e con senso di profonda gratitudine per l'Azienda ospedaliero-universitaria e per ciascuno di voi: i rettori che si sono succeduti, medici, infermieri, oss, tecnici, amministrativi, dirigenti, collaboratori, specializzandi, studenti, fornitori, Rls e Organizzazioni sindacali». Grazie, in particolare, «per questi anni insieme e per il lavoro intenso che ha portato l'Aou di Cagliari a raggiungere risultati importanti».

 

Tra gli altri: «La forte espansione del Policlinico Duilio Casula con l'apertura del Pronto Soccorso e il trasferimento dal San Giovanni di Dio di diversi reparti, con la progressiva trasformazione dell'ospedale Civile in quello che abbiamo chiamato "Ospedale di giorno"». Per non parlare «di quest'anno di emergenza dove insieme abbiamo affrontato il Covid, con molte difficoltà ma con un grandissimo spirito di servizio. Lo dimostra l'impegno formidabile che avete e abbiamo messo nell'organizzazione del piano vaccinale». Infine un apprezzamento forte per <>.

 

La polemica. Tutto questo però non è bastato a convincere i vertici AoU a "resistere". D'altra parte il presidente della Regione era stato chiaro da subito lasciando trapelare di reputare «inconciliabile la permanenza in qualunque ruolo o incarico regionale di chi abbia violato le norme di contenimento della pandemia sulle quali i pubblici ufficiali o coloro che sono incaricati di pubblico servizio devono per primi dare il buon esempio».

 

Ieri anche l'assessore agli Enti locali Quirico Sanna si è espresso in proposito, ma nel contesto della polemica politica con l'opposizione: «Se uno è nominato ha il dovere, qualora abbia commesso un errore grave, di dimettersi», ha scritto su Facebook, «ma se uno è eletto il giudizio lo può dare solo il popolo con il proprio voto. Lo dico perché c'è gente che pensa che dopo una sonora sconfitta si possa rifare con le dimissioni di chi lo ha umiliato alle elezioni: diciamo che costui o costoro, dovranno aspettare altri 54 mesi».

 

Intanto il sindacato Usb lavoro privato ha scritto alla Fondazione Teatro lirico di Cagliari, al sovrintendente, al presidente e a tutti i consiglieri del Cdi, al direttore amministrativo e ai revisori dei conti per chiedere di rimuovere con urgenza il direttore artistico Luigi Puddu dal suo incarico: <>. Anche Puddu era al pranzo di Sardara.

 

Roberto Murgia

 

Articolo “Unione Sarda” del 23.04.2021

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Federico Marini

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martedì 20 aprile 2021

20 Aprile. Festa della Liberazione 2021 - Prima proiezione l'Italia liberata.


 


Online: facebook.com

Oggi alle ore 21:00

Prezzo: gratis

Pubblico chiunque  ·

Festa della Liberazione 2021
Prima proiezione in streaming L'Italia liberata in collaborazione con Anpi provinciale Milano e Anpi Abbiategrasso.

L’Italia liberata
Una produzione di Daniele Biacchessi
Disponibile in download digitale su danielebiacchessi.com

SCRIPT
Il film “L’Italia liberata” inizia con una testimonianza inedita di Tina Anselmi sulla sua esperienza di staffetta partigiana e l’attualizzazione dei valori della Resistenza e della Costituzione. Si tratta di un’intervista realizzata da Daniele Biacchessi per Radio 24. Il film prosegue per episodi con la voce narrante di Daniele Biacchessi fuori campo e il racconto illustrato di alcuni episodi della Storia dal 1919 al 1945.


Si parte dall’idea che a uno a uno i partigiani che hanno fatto la grande impresa della Resistenza se ne stanno andando, lasciando un vuoto difficile da colmare. Quindi è importante raccontare alle nuove generazioni ciò che è accaduto. L’idea di realizzare un film illustrato va proprio nella direzione di costruire un ponte di memoria tra la vecchia e la nuova generazione attraverso nuovi linguaggi cinematografici.


Gli episodi narrati sono la nascita del fascismo, il regime, i tribunali speciali, il confino di Ventotene e l’ergastolo di Santo Stefano, l’attacco all’Etiopia, la guerra civile in Spagna, la disfatta dell’Armir, le guerre del fascismo, la caduta del fascismo, l’inizio della Resistenza. E poi la guerra nazifascista contro i civili: i sette fratelli Cervi, le stragi di piazzale Loreto, Montesole, Sant’Anna di Stazzema, Fosse Ardeatine. E ancora le storie di Dante di Nanni, le compagnie della morte e di ventura come la Banda Koch, le ville tristi disseminate nel Paese.


Vengono descritte le insurrezioni di Milano, Genova, Torino, Napoli, Firenze.


Una attenzione particolare viene data alla mancata giustizia con la ricostruzione precisa e puntuale del contenuto dei documenti dell’armadio della vergogna e dei processi.


Completano il film le testimonianze di Tiziana Pesce sulla strage di piazzale Loreto del 10 agosto 1944, Tiziana Di Masi che recita a Montesole un brano tratto da “L’Agnese va a morire” di Renata Viganò, Ivano Tajetti che ricorda lo zio Renato ucciso dai nazifascisti e Alessandro Borghi, assessore alla memoria del comune di Marzabotto, sul significato della trasmissione della memoria alle nuove generazioni.


La musica non è mero supporto al film ma vera e propria trama sonora con i contributi del meglio della canzone di impegno civile in Italia: Modena City Ramblers, Gang, Stormy Six, Gaetano Liguori, Massimo Priviero, Renato Franchi, Andrea Sigona.

 

LINE UP
Voce narrante Daniele Biacchessi
Illustrazioni Giulio Peranzoni
Montaggio Luca Guerri
Riprese esterne Alex Pierro
Musiche: Modena City Ramblers, Gang, Stormy Six, Yo Yo Mundi, Gaetano Liguori, Massimo Priviero, Renato Franchi, Andrea Sigona.
Testimonianze: Tina Anselmi (staffetta, ministro), Tiziana Pesce, Tiziana Di Masi (attrice), Alessandro Borghi (assessore alla memoria Comune di Marzabotto), Ivano Tajetti (Anpi Barona).

Un progetto finanziato in crowdfunding su Becrowdy da centinaia di associazioni, circoli Anpi e Arci, centri sociali, privati cittadini.

Con il patrocinio non oneroso di Ponti di memoria, Arci, Coop Lombardia, Comune di Milano, Matera 2019 Open future.

 

Quando lo stupro di gruppo si trasforma in una ragazzata. Di Lucia Chessa.


 

Cosa c’è di nuovo nel video di Grillo a difesa di Ciro piezz ‘e core, accusato di violenza sessuale di gruppo? Cosa c’è di nuovo nella assoluzione preventiva di 4 ragazzini della Genova bene accusati di uno stupro consumato nella villa di babbo suo, nella cornice dorata della Costa Smeralda, dove tutto sembra si possa comprare, con quei fiumi di soldi che scorrono eleganti tra oleandri e bouganville, pietre e graniti, spiaggette e locali esclusivi?

 

Cosa c’è di nuovo nel dire che se una donna non denuncia subito non è stupro e cosa c’è di nuovo nel mescolare, insinuare, cercare di sfumare, sconfinare la violenza con il rapporto consensuale? E cosa c’è di nuovo in quell’indulgente minimizzare derubricando a “notte spinta”, e a quattro ragazzini, “coglioni” ma non stupratori, che si stavano solo divertendo, ai quali al massimo si fa la romanzina accompagnata da 4 pacchette sulle spalle e a cui, magari, al massimo potrebbe dirsi: “se fai così la non la prendi più la porsche di babbino tuo”?

 

E cosa c’è di nuovo nell’ irruzione mediatica di un guru, un leader, un potente capo di un partito di governo che controlla come roba sua decine di parlamentari, su una procura, un pm, un tribunale che sta per decidere sul rinvio a giudizio o sul proscioglimento di un accusato di violenza di gruppo. E cosa c’è di nuovo nella mielosa solidarietà al padre in pena da parte di Di Battista, Crimi, Taverna e via dicendo e di quelli che davanti alle accuse appena formulate su Marino (poi assolto), si presentarono in conferenza stampa con le arance sul tavolo.

 

Niente c’è di nuovo. Se non la farsa ripugnante denunciata dai genitori della vittima. Lo sgomento per il degrado, per la ragazza oscurata, per il potere impunito che afferma sempre sé stesso. “Arrestate me” dice Grillo, nel suo delirio di onnipotenza e nel suo meschino tentativo di trasformare sé stesso, e il figlio per estensione, in vittima anche quando l’accusa è che tu sia il carnefice. Come quando sei il lupo ma ti vesti da agnello, sei ricco ma ti vesti da povero, sei al potere, ma continui a fare finta di essere opposizione. Vi direi buongiorno ma non sono affatto buoni giorni

Lucia Chessa