Non
sono in grado di affermare se il cardinale Becciu abbia commesso dei reati o
delle irregolarità: che comunque sarà opportuno accertare con scrupolosità.
E non so neppure in che misura possano essere attribuite direttamente al Presule di Pattada una serie multipla di scelte – sicuramente non commendabili – denunciate dall’Inchiesta dell’Espresso, come l’investimento, da parte della Segreteria di Stato, di ingentissime somme di denaro in fondi speculativi con sede in paradisi fiscali (Lussemburgo,Malta e Asia); la compravendita del palazzo di lusso di Sloane Avenue a Londra; l’opaco rapporto con le Cooperative dei fratelli.
So però che quelle scelte e quei comportamenti sono sintomi segno ed epifania di un certo tipo di “Chiesa”: presenti oggi come ieri. Ma se oggi più di ieri emergono con forza è grazie al Pontificato di Papa Francesco e al cambio di rotta che ha voluto imprimere alla Chiesa cattolica. Di qui lo “scontro” sotterraneo (ma non troppo) con sorde ampie e corpose resistenze alla sua “rivoluzione”. Schematizzando (e necessariamente semplificando) a confrontarsi (o combattersi?) sono due Chiese contrapposte: quella di Bergoglio e quella rappresentata emblematicamente dai “bertoniani”. Insomma la Chiesa dei poveri e la Chiesa “costantiniana”: una dialettica, un confronto, uno scontro che ha attraversato la sua storia millenaria. E che nella storia carsicamente emerge in alcuni periodi, per inabissarsi in altri.
Da quando con l’imperatore Costantino appunto, inizia a mutare “pelle”, DNA: trasformandosi gradatamente, da Chiesa come Comunità di base, povera e solidale, perseguitata e martirizzata, in Chiesa gerarchica, di potere e di dominio: di potere economico e politico. Nel Medioevo al fine di giustificare e “legittimare”, tale potere “temporale”, dei papi e della Chiesa – evidentemente hanno la coda di paglia – gli storici “cristiani” fra l’altro “inventarono” un documento secondo cui l’imperatore Costantino con un decreto avrebbe donato a Papa Silvestro i territori di Roma e del Lazio.
Ci avrebbe poi pensato Lorenzo Valla, umanista brillante e colto, a demistificare e sbugiardare tale falso, tale documento apocrifo, con le armi finissime e scientifiche della filologia, della paleografia e dell’archeologia, con un celebre opuscolo ” De falso credita et ementita Constantini donatione” del 1440. Ma non solo su questo versante muta la Chiesa: nata per annunziare il messaggio evangelico, diventa “altro”: si dota e costruisce un apparato dottrinale e teologico, di norme, precetti, divieti, dogmi, riti, culti: che di fatto tendono a “sostituire” il messaggio originale cristiano o, comunque, lo “declassano” e, talvolta, lo stravolgono.
Il “fedele” è tale più per l’osservanza della “pratica religiosa” e cultuale o della lettera della dottrina, quasi fosse un’ideologia astratta, che per la “pratica etica” e i comportamenti morali. Il Papa gesuita invece si ispira al messaggio evangelico primigenio: dandone l’esempio e iniziando a praticarla, la povertà. Così ai sontuosi appartamenti papali preferisce la modesta foresteria di Santa Marta, dove consuma i pasti insieme agli altri. Di contro la Chiesa “costantiniana” rappresentata in modo esemplarmente paradigmatico da Bertone che – già potente Segretario di Stato – abita in un sontuoso e lussuoso e superaccessoriato attico. Papa Francesco non riduce la communio e la vita stessa della Chiesa alla struttura ecclesiastica e all’estabilishement: anzi.
Di qui la sua apertura agli extracomunitari, ai migranti, alle altre confessioni religiose. Per lui infatti il contenuto della fede non è la gerarchia ma l’evento di Cristo vivente che essa custodisce. E la Chiesa per lui è chiamata a servire tutti gli uomini, segnatamente gli ultimi e quelli che chiama con un lessico molto pregnante, gli scartati, e non solo i fedeli. Il suo servizio non è un mestiere e, ancor meno una carriera, con privilegi ed emolumenti principeschi, come troppo spesso lo è stato nel passato (e lo è ancora) per molti ecclesiastici: che Bergoglio denuncia con reprimende severe.
Per lui è un ministero evangelico e profetico di salvezza che si dispiega nella situazione storica concreta in cui vive e opera, accettando e incrociando il frastuono dell’esistenza, occupandosi degli uomini e delle donne, quali sono, e non solo delle loro anime. Egli non è il capo di una setta religiosa: è il fratello e il padre di tutti, ma soprattutto dei diseredati, dei dannati della terra: anche se, formalmente, non appartengono alla Chiesa.
Di qui la simpatia, l’apertura e il sostegno deciso e convinto alle problematiche ambientali (penso alla recente enciclica Laudato si’) e ai nuovi processi di liberazione, in sintonia con i soggetti emergenti delle trasformazioni sociali: alle donne che pur continuando ad essere discriminate, iniziano ad acquisire potere e ruoli; alle culture e lingue, un tempo distrutte che rivendicano la propria identità; alle comunità indigene che rivendicano le loro visioni del mondo autoctone non soggette alla colonizzazione occidentale; alle comunità contadine che si mobilitano contro il capitalismo selvaggio. A tali aperture si oppone la Chiesa “costantiniana”, di fatto preconciliare, più legata alla religio che alla religiosità, ma soprattutto non disposta a rinunciare ai privilegi di casta e al potere.
Francesco
Casula
Saggista,
storico della letteratura sarda
autore del libro, tra gli altri, de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi
Articolo
tratto da “Il Manifesto Sardo”
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