(6 Luglio 1647) "È muorto chi lu Nobile ha smaccato. È muorto chi ha cresciuto li panelle. È muorto chi ha strette li Gabelle.”
Così scrive
un anonimo poeta, all'indomani della morte di Tommaso Aniello (Napoli 1620 -
ivi 1647), detto Masaniello. Colui che fu l’eroe del popolo napoletano,
che, a capo della rivolta di luglio, riuscì a far abolire
le gabelle sui beni di consumo popolari, imposte dal Viceré spagnolo
Duca D’Arcos. Non era argentino e men che meno laureato, ma
A capo di
un esercito di giovani “lazzari” , gli Alardi, guida la rivolta da piazza
Mercato, centro delle attività economiche. I
rivoltosi, guidati da Masaniello e da altri capi popolani, invasero la reggia,
forzarono le carceri, distrussero gli uffici daziarî. Seguirono vittorie ed
eccessi, che ben presto ledono la sua popolarità. Il 16
luglio, muore in una congiura ordita contro di lui.
Ci sono
numerose leggende intorno alla figura di Masaniello, per questo non è semplice
ricostruirne con precisione le vicende. Così veniva descritto dai suoi
contemporanei: “Era un giovine di ventisette anni, d'aspetto bello e grazioso,
il viso l'aveva bruno ed alquanto arso dal sole: l'occhio nero, i capelli
biondi, i quali disposti in vago zazzerino gli scendevano giù per lo collo.
Vestiva alla marinaresca; ma d'una foggia sua propria, la quale, [...] alla
mezzana, ma svelta sua persona molto di gaio e di pellegrino aggiungeva.”
Si sa per
certo che lavorava al mercato come pescivendolo, e guidò la rivolta del popolo
contro le cosiddette "gabelle", delle
imposte sui beni di prima necessità che andavano a incidere sopratutto sugli
strati più poveri della popolazione. A quel tempo Napoli era governata dagli
spagnoli, e la rivolta fu tanto efficace che portò non soltanto all'annullamento
delle odiate imposte, ma addirittura a concedere potere agli strati più umili
della popolazione.
Sulla fine
di Masaniello ci sono delle ipotesi, alcune delle quali piuttosto colorite.
Secondo un’ipotesi egli non fu capace di gestire l'enorme potere accumulato, e
la sua mente non resse alle responsabilità tanto che impazzì. Altri dicono che
la sua pazzia fu dovuta a degli allucinogeni che gli furono dati al palazzo
regio, senza che lui lo sapesse. Ad ogni modo si sa con certezza che alla fine
fu decapitato e il suo corpo gettato sotto un ponte.
Tuttavia,
dopo la sua morte, le gabelle furono reintrodotte e il popolo si pentì per non
averlo difeso.
Il suo corpo fu composto e ricucito, e furono celebrati dei funerali solenni a
cui parteciparono migliaia di napoletani, sopratutto delle classi meno
abbienti. Oggi Masaniello è ricordato come il "Che" Guevara napoletano,
e nell'immaginario collettivo continua a restare una figura leggendaria.
Vincenzo
Maria D’Ascanio
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