Soprattutto
in seguito alla pubblicazione del mio libro “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”
sono stato etichettato come “storico militante”. E sono stato criticato in
quanto la mia opera sarebbe “intrisa di sardismo”. Dunque di parte. E vero e lo
rivendico orgogliosamente. Sono di parte:dalla parte del popolo sardo. Del
resto – si licet parare magna cun parvis – Raimondo Carta Raspi, forse il più
grande storico sardo, è stato accusato di aver scritto una “Storia della
Sardegna” sardista.
Ebbene, a mio parere, non esistono storici super partes. Neutrali. Oggettivi.
Spesso chi si ritiene tale è semplicemente un ipocrita. O si vergogna di
confessare e riconoscere a quale parte appartiene: magari a qualche partito,
fazione, parrochietta, clan, camarilla o ideologia inconfessabile. Ciò premesso
affermo che: Le mie concezioni politiche sono
strettamente intrecciate con la mia professione di docente e studioso di
storia, lingua e letteratura sarda, perché politica e storia, politica e
lingua, politica e letteratura sono un unicum inscindibile.
I
miei scritti sulla storia non mancano di avere riscontri nel presente. Ecco
perché mi ritrovo bene nella definizione di “storico militante”. Grazie alla
storia, intesa appunto in senso militante, ho derivato l’idea che sia necessario
incorporare il passato per aprirsi all’avvenire. E’ questo il senso del binomio
“radici-ali”. Nella missione civile dello storico c’è sempre il discorso
politico. Spero – forse mi illudo – di poter lasciare
una lezione per i giovani, con cui sono sempre riuscito ad avere un dialogo e
un confronto aperto e rispettoso in 40 anni di insegnamento. E che
continuo ad avere.
In un mondo estraniante ed omologante, i giovani sardi devono
sforzarsi di ritornare alle proprie radici e di aprirsi, coltivando l’amore per
la Sardegna vista nell’universo mondo. Non si può essere cittadini del mondo fuori
dalle radici locali. Sono nato a Ollolai, un paese della Barbagia, ricco di
storia e ne sono orgoglioso perché il paese è il luogo più vicino all’umanità.
Mi piace ricordare il poeta rumeno Lucien Blaga, amato dal compianto amico
Antonello Satta, che citava sempre un verso bellissimo e universale:”L’eternità
è nata nel villaggio”.
Devo molto alla civiltà pastorale e ai suoi valori comunitari,
perché chi è senza radici perde il “plus valore dell’identità” e non sa più
camminare sicuro nel mondo. Il testo di cui sopra (da “le mie concezioni…) non è mio:
io l’ho solo adattato e personalizzato. Ecco il testo originario che è di
GIOVANNI LILLIU, l’intellettuale sardo più grande negli ultimi 50 anni, valente
archeologo e storico, unico sardo nell’Accademia dei Lincei.
“Le mie concezioni politiche sono strettamente intrecciate con la
mia professione di archeologo, perché politica e archeologia sono un unicum
inscindibile.
I miei scritti sull’archeologia non mancano di avere riscontri nel presente. E
la “costante resistenziale sarda” deriva proprio dalle mie riflessioni sul
passato. Ecco perché mi ritrovo bene nella definizione di “archeologo
militante”.
Grazie alla all’archeologia, intesa appunto in senso militante, ho
derivato l’idea che sia necessario incorporare il passato per aprirsi
all’avvenire.
E’ questo il senso del binomio “radici-ali”. Nella missione civile
dell’archeologo c’è sempre il discorso politico, e ciò credo che sia
un’anomalia nel settore archeologico. Spero – forse mi illudo – di poter
lasciare una lezione per i giovani, con cui sono sempre riuscito ad avere un
dialogo aperto e rispettoso In un mondo estraniante ed omologante, i giovani
sardi devono sforzarsi di ritornare alle proprie radici e di aprirsi,
coltivando l’amore per la Sardegna vista nell’universo mondo.
Non si può essere cittadini del mondo fuori dalle radici locali. Sono nato a Barumini,
un paesino della Marmilla e ne sono orgoglioso perché il paese è il luogo più
vicino all’umanità. Mi piace ricordare il poeta rumeno Lucien Blaga, amato dal
compianto amico Antonello Satta, che citava sempre un verso bellissimo e
universale:”L’eternità è nata nel villaggio”. Devo molto alla civiltà contadina
e ai suoi valori comunitari, perché chi è senza radici perde il “plus valore
dell’identità” e non sa più camminare sicuro nel mondo. (tratto da Premessa,
Opere, Giovanni Lilliu, Zonza Editore, a cura di Alberto Contu, Cagliari, 2006,
pagine 8-9)
Francesco Casula
Saggista, storico della letteratura sarda
autore del libro, tra gli altri, de “Carlo Felice e i tiranni sabaudi
Nessun commento:
Posta un commento