Peppino
Impastato: Novantatré, novantaquattro, novantacinque, novantasei, novantasette,
novantotto, novantanove e cento! Lo sai chi c'abita qua?
Giovanni
Impastato: Ammuninne...
Peppino
Impastato: Ah, u' zu Tanu c'abita qua! Cento passi ci sono da casa nostra,
cento passi! Vivi nella stessa strada, prendi il caffè nello stesso bar, alla
fine ti sembrano come te! «Salutiamo zu' Tanu!» «I miei ossequi, Peppino. I
miei ossequi, Giovanni.» E invece sono loro i padroni di Cinisi! E mio padre,
Luigi Impastato, gli lecca il culo! Come tutti gli altri! Non è antico, è solo
un mafioso, uno dei tanti!
Giovanni
Impastato: È nostro padre...
Peppino
Impastato: Mio padre! La mia famiglia! Il mio paese! Io voglio fottermene! Io
voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio
padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi!
Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente! (Dal
film "I cento passi," di Marco Tullio Giordana)
(14 Settembre 1923) Nasce a Cinisi, in provincia di Palermo, Gaetano
Badalamenti, il boss mafioso condannato all’ergastolo per l’omicidio di Peppino
Impastato. Capo indiscusso dal
1971 della mafia siciliana, don Tano viene spodestato nel 1978, e costretto a
fuggire, con la guerra di mafia oramai alle porte. Detenuto negli Stati Uniti
dal 1984 per una condanna a 45 anni, Badalamenti muore il 29 aprile 2004.
La preferenza di Gaetano Badalamenti per l'illecito avviene fin dal
primo dopoguerra,
quando viene spiccato un mandato di cattura con l'accusa di concorso in
sequestro di persona ed associazione a delinquere. L'anno seguente a queste
accuse, si aggiungono anche quelli di omicidio pluriaggravato e tentato
omicidio, tuttavia Badalamenti sfugge alla giustizia raggiungendo l'America e
trovando rifugio presso il fratello Emanuele. Quattro anni più tardi sarà
estradato per immigrazione illecita e riportato in Italia, dove riesce
nuovamente a restare libero perché al processo sarà scagionato dalle accuse per
insufficienza di prove.
E'
qui che nasce quello che sarà il Boss del clan di Cinisi, partendo prima come
vice di Cesare Manzella.
All'inizio
il giro di affari di Badalamenti riguarda per lo più il contrabbando di
sigarette e droga, per poi passare al settore degli autotrasporti al fianco di
Liggio. Alla morte di Manzella (le cui cause resteranno
sempre sospette, usando un eufemismo), il passaggio del testimone è quasi
d'obbligo e Badalamenti diventerà dunque uno dei “generali” di quella
che viene considerata come la “prima guerra di mafia” (la seconda, sarà quella
tra i Corleonesi di Totò Riina ed il “clan della famiglie palermitane” che a
capo hanno Badalamenti, Stefano Bontate ed altri uomini tra cui il superpentiti
Tommaso Buscetta)
Nel frattempo Don Gaetano diventa sempre più potente, tanto che la schiera
dei capo clan, minata in quegli anni dall'Antimafia, viene ricostruita sotto il
suo dominio. Dal punto di vista degli affari criminali, Badalamenti ha in piedi
un traffico internazionale che vede coinvolta l'America, grazie al sostegno di
Domenico Coppola.
In quel momento però Totò Riina prende il posto di Liggio per la
famiglia dei Corleone e dà un duro colpo all'apparente intoccabilità di
Badalamenti, uccidendo Luigi Corleo, il suocero di Nino Salvo e quindi legato al
clan di Cinisi. E' solo l'inizio del crollo di Badalamenti, estromesso da Riina
dalla Cupola appena qualche anno più tardi, per via della discussione "non
autorizzata" sull'esecuzione di Francesco Madonia, capo clan di Vallelunga
Pratameno. Per timore di essere ucciso, Gaetano
Badalamenti espatria in Brasile, ma continua a gestire il narcotraffico americano.
Nel 1985 don Tano e altri diciotto imputati finirono sotto processo
a New York, in quello che divenne noto come il caso "Pizza
Connection".
Il processo durò quasi due anni ed è stato il più lungo nella storia
giudiziaria degli Stati Uniti, concludendosi il 22 giugno 1987 con un verdetto
di colpevolezza per Badalamenti e Salvatore Catalano, che vennero condannati a
45 anni di carcere ciascuno.
Negli
anni novanta, Badalamenti rifiutò di tornare in Italia per il confronto con
Tommaso Buscetta, che tuttavia lo attaccò pubblicamente negando la veridicità
delle dichiarazioni del pentito. Gaetano Badalamenti,
affetto da un tumore che aveva provocato gravi conseguenze renali e una
epatite, morì per arresto cardiaco il 29 aprile 2004 all'età di 80 anni nel centro
medico federale del penitenziario di Devens nel Massachusetts. Tre anni
dopo la morte, si è chiuso il procedimento iniziato nel 1982 per la confisca
dei beni del boss, passati totalmente nelle proprietà dello Stato.
Nella
foto. la casa di Gaetano Badalamenti a Cinisi, 100 passi da quella di Peppino
Impastato.
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