mercoledì 2 settembre 2020

Considerazioni sul prossimo referendum. Di Elisabetta Piccolotti.


 


Il 20 e 21 settembre votiamo per il referendum sul taglio della rappresentanza parlamentare. Alle spalle di questo appuntamento abbiamo più di un decennio di feroce riduzione e umiliazione della partecipazione dei cittadini alla vita politica.

 

Hanno tagliato le circoscrizioni, il numero dei consiglieri comunali, il numero di quelli regionali, dato vita un po’ in tutta Italia ad enti di gestione del territorio frutto di elezioni di secondo livello, quelle cioè cui partecipano solo i consiglieri eletti e non i cittadini. Se il taglio della rappresentanza fosse qualcosa di realmente utile oggi - dopo un decennio di riforme in questa direzione - le Regioni e i Comuni dovrebbero essere luoghi più effervescenti, dinamici ed efficienti di quanto non lo fossero prima.

 

Sappiamo tutti che non è andata così. Ci sono nel 2020 migliaia di quartieri e intere cittadine di medie e piccole dimensioni che non hanno più voce - di fatto - nella discussione sui destini del loro territorio perché non hanno più alcun rappresentante. Di solito - guarda caso - si tratta delle aree dei territori più periferiche, più deboli e più povere.

 

E ci sono centinaia di Sindaci e qualche Presidente di Regione letteralmente ostaggio dei giochini e degli interessi dei singoli consiglieri, perché in molte istituzioni ormai basta un singolo voto, o al massimo 2/3, per ribaltare una maggioranza di governo. L’accentramento del potere e la riduzione degli eletti ha già dimostrato, a livello territoriale, di avere effetti opposti a quelli auspicati: spesso più che favorire trasparenza e decisioni veloci produce stalli, immobilismo, concrezioni di potere, opacità, impossibilità di aprire percorsi reali di partecipazione che possano distribuire il potere verso il basso.

 

Le istituzioni territoriali con meno eletti (o senza alcun eletto) sono spesso più lontane dai cittadini di quanto non lo fossero prima. Certo una legge elettorale proporzionale avrebbe almeno avuto il merito di riequilibrare il taglio della rappresentanza con un maggiore pluralismo e con la creazione di un sistema politico più libero.

 

Ma guarda caso, ad oggi, quella legge non c’è. Davvero vogliamo continuare su questa strada?  Io penso che la risposta giusta sia NO. No, come il voto che esprimerò nelle urne per chiudere questa stagione isterica, che ha convinto molti cittadini a darsi letteralmente la zappa sui piedi. Di molte riforme, anche istituzionali, ha bisogno il nostro paese. Peccato però che il cambiamento necessario vada in una direzione diversa da quella del binario costruito fino ad oggi.

 

Elisabetta Piccolotti

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