Il 20 e
21 settembre votiamo per il referendum sul taglio della rappresentanza
parlamentare. Alle spalle di questo
appuntamento abbiamo più di un decennio di feroce riduzione e umiliazione della
partecipazione dei cittadini alla vita politica.
Hanno
tagliato le circoscrizioni, il numero dei consiglieri comunali, il numero di
quelli regionali, dato vita un po’ in tutta Italia ad enti di gestione del
territorio frutto di elezioni di secondo livello, quelle cioè cui partecipano
solo i consiglieri eletti e non i cittadini. Se il taglio della rappresentanza
fosse qualcosa di realmente utile oggi - dopo un decennio di riforme in questa
direzione - le Regioni e i Comuni dovrebbero essere luoghi più effervescenti,
dinamici ed efficienti di quanto non lo fossero prima.
Sappiamo
tutti che non è andata così. Ci sono nel
2020 migliaia di quartieri e intere cittadine di medie e piccole dimensioni che
non hanno più voce - di fatto - nella discussione sui destini del loro
territorio perché non hanno più alcun rappresentante. Di solito - guarda caso -
si tratta delle aree dei territori più periferiche, più deboli e più povere.
E ci
sono centinaia di Sindaci e qualche Presidente di Regione letteralmente
ostaggio dei giochini e degli interessi dei singoli consiglieri, perché in
molte istituzioni ormai basta un singolo voto, o al massimo 2/3, per ribaltare
una maggioranza di governo. L’accentramento
del potere e la riduzione degli eletti ha già dimostrato, a livello
territoriale, di avere effetti opposti a quelli auspicati: spesso più che
favorire trasparenza e decisioni veloci produce stalli, immobilismo, concrezioni
di potere, opacità, impossibilità di aprire percorsi reali di partecipazione
che possano distribuire il potere verso il basso.
Le
istituzioni territoriali con meno eletti (o senza alcun eletto) sono spesso più
lontane dai cittadini di quanto non lo fossero prima. Certo una legge
elettorale proporzionale avrebbe almeno avuto il merito di riequilibrare il
taglio della rappresentanza con un maggiore pluralismo e con la creazione di un
sistema politico più libero.
Ma
guarda caso, ad oggi, quella legge non c’è. Davvero vogliamo continuare su
questa strada? Io penso che la risposta
giusta sia NO. No, come il voto che esprimerò nelle urne per chiudere questa
stagione isterica, che ha convinto molti cittadini a darsi letteralmente la
zappa sui piedi. Di molte riforme, anche
istituzionali, ha bisogno il nostro paese. Peccato però che il cambiamento
necessario vada in una direzione diversa da quella del binario costruito fino
ad oggi.
Elisabetta
Piccolotti
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