(28 Settembre 2000) Il leader dei conservatori del Likud Ariel Sharon
(capo dell’allora opposizione alla Knesset, il parlamento monocamerale
d’Israele) guida una folta delegazione del suo partito, accompagnata da una
scorta armata, sulla Spianata delle Moschee, dove si erge la Cupola della
Roccia, luogo sacro ai musulmani che vi indicano il luogo in cui Maometto compì
il suo miracoloso "viaggio notturno", e tradizionalmente controllato
dai palestinesi. Con il suo gesto, conosciuto come “La passeggiata di Sharon”
intese far capire che anche quella parte della città sottostava alla sovranità
israeliana. Sull’altura si consumano tre ore di
violentissimi scontri tra manifestanti palestinesi e poliziotti israeliani,
con lancio di pietre da una parte e di proiettili rivestiti di gomma
dall'altra. Gli scontri provocano una ridda di accuse e controaccuse tra
Autorità Palestinese e Stato ebraico.
Ariel Sharon era un personaggio particolarmente inviso al popolo
palestinese,
soprattutto per la sua accertata responsabilità
personale per il massacro di Sabra e Shatila, dove le falangi cristiane,
supportate logisticamente dai militari israeliani, massacrano 3500 civili
palestinesi. Lo stesso stato d’Israele riconobbe la negligenza di Sharon,
allora ministro della difesa: la commissione, presieduta dal magistrato della
Corte Suprema Yitzhak Kahan ordinò, all'inizio del 1983, la rimozione di Sharon
dalla carica di ministro della difesa, dichiarando:
«
Abbiamo stabilito che il ministro della Difesa [Ariel Sharon] ha la
responsabilità personale. A nostro parere, è giusto che il ministro della Difesa
tragga le conseguenze personali derivanti dai difetti emersi, per quanto
riguarda il modo in cui ha scaricato i doveri del suo ufficio, e, se
necessario, che il Primo Ministro eserciti la sua autorità a rimuoverlo da
ufficio. »
Il giorno dopo “la passeggiata”, la polizia israeliana spara sui
manifestanti, uccidendo sette palestinesi. Il 30 settembre, la morte ripresa dalle
telecamere di Mohammad Al Durra, 12 anni, ucciso fra le braccia del padre,
diventerà il simbolo "dell'Intifada di Al Aqsa", dal nome della
principale moschea situata sulla spianata.
L'insurrezione (nota anche come seconda Intifada) è molto più
sanguinosa della prima, con circa 4.700 morti in cinque anni, di cui più
dell'80% palestinesi.
La rivolta è segnata da sanguinosi attentati suicidi in Israele e da attacchi
armati contro militari o coloni nei Territori. Più di
2.000 case palestinesi vengono abbattute dall'esercito. Il capo
dell'Olp, Yasser Arafat, è confinato dal dicembre 2001 nella sede della Muqata
a Ramallah: la lascerà solo nell'ottobre 2004 per la Francia dove morirà poco
dopo.
Ariel Sharon, divenuto intanto primo ministro di Israele, lancia nel
giugno 2002 la costruzione di una barriera di sicurezza in Cisgiordania e poi
nel 2004 annuncia il ritiro unilaterale da Gaza, effettivo nel settembre 2005.
L'8 febbraio 2005, Sharon e Abu Mazen, successore di Arafat, annunciano la fine
delle violenze.
Nessun commento:
Posta un commento