martedì 1 settembre 2020

(01 Settembre 1969) Muammar Gheddafi sale al potere in Libia


 " Il sistema politico di classe è identico a quello dei partiti, delle tribù o delle sette. Che una società politica sia denominata da una classe o da un partito, da una tribù o da una setta è essenzialmente la stessa cosa. La classe, come il partito, la setta e la tribù, è un gruppo di individui che hanno gli stessi interessi in comune. "  (Mu'ammar Gheddafi)

 

(01 Settembre 1969) Un giovane capitano dell’esercito, Muammar Gheddafi sale al potere in Libia: ha soltanto 27 anni. Con un gruppo di militari organizza un colpo di stato per cacciare definitivamente re Idris I, giudicato debole nei confronti dell’Occidente. È il 26 agosto del 1969. Cinque giorni dopo, il primo settembre, Gheddafi proclama la nascita della Repubblica libica, guidata da un Consiglio del Comando della Rivoluzione composto da 12 militari. Gheddafi, nel frattempo nominato colonnello, si mette a capo del Consiglio instaurando una dittatura.

 

La politica della prima parte del governo Gheddafi viene definita dai suoi sostenitori una "terza via" rispetto al comunismo e al capitalismo, nella quale cerca di coniugare i principi del panarabismo con quelli della socialdemocrazia. Gheddafi decide di esporre le proprie visioni politiche e filosofiche nel suo Libro verde (esplicito ammiccamento al Libretto rosso di Mao Tse-tung), che pubblica nel 1976. In nome del Nazionalismo arabo, decide di nazionalizzare la maggior parte delle proprietà petrolifere straniere, chiudere le basi militari statunitensi e britanniche, e di espropriare tutti i beni delle comunità italiana ed ebraica, espellendole dal paese.

 

Dopo aver accentuato nel corso degli anni Novanta i caratteri autoritari del suo regime, alle soglie del 21° secolo ha indirizzato sempre più la sua attenzione e le sue alleanze verso i paesi africani, limitando i rapporti, prima intensi, della Libia con la Lega araba. La necessità di spezzare l’isolamento internazionale che strangolava l’economia libica porta Gheddafi a moderare i toni della sua politica e ed esaltare le differenze con l’integralismo islamico, cercando di accreditarsi come interlocutore affidabile. Grazie al successo di questa strategia tra il 2003 e il 2004 si chiude una lunga stagione di contrasti tra la Libia e la comunità internazionale, Stati Uniti in testa. Infatti, nel settembre 2003 le Nazioni Unite abrogavano definitivamente l’embargo imposto al Paese africano nel 1992 e nel giugno 2004 gli Stati Uniti sospendono ufficialmente le sanzioni unilaterali.

 

Negli stessi anni, alcuni tra i maggiori leader europei visitano Tripoli (J. M. Aznár nel 2003, S. Berlusconi e T. Blair nel 2004), avviando le trattative per la firma di trattati commerciali. Nel 2006, a suggello del processo di riabilitazione internazionale, l’amministrazione statunitense annuncia l’intenzione di ripristinare pieni rapporti diplomatici con la Libia, indicata come un modello di eccellente cooperazione nella ‘guerra al terrore’, e due anni dopo sono ristabilite piene relazioni anche tra la Libia e la Russia.

 

Nel febbraio 2011, seguendo l’onda della protesta popolare scoppiata tanto Tunisia quanto in Egitto, anche in Libia nasce la rivolta, con quella che viene definita “La primavera araba”: la ribellione, divampata in Cirenaica, la regione da sempre ostile al controllo politico di Tripoli, si trasformava rapidamente in insurrezione armata coadiuvata dalle forze della NATO, scesa in campo con i bombardamenti aerei dopo la risoluzione del 17 marzo del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

 

Dopo una lunga fase di stallo, il 20 ottobre Sirte veniva liberata dalle forze del Consiglio nazionale di transizione (CNT), l’organismo politico autoproclamatosi unico rappresentante legittimo del popolo libico, e Gheddafi catturato dai ribelli (il convoglio con il quale era in fuga veniva colpito dagli elicotteri della NATO). La sua uccisione immediata nel corso di un'operazione militare sommaria, ripresa e diffusa attraverso un telefono cellulare, non ha mancato di suscitare diverse critiche in ambito internazionale.



 


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