Cresce
tra i sostenitori del Si al referendum sul taglio dei parlamentari, l’abitudine
a tacciare da poltronari coloro che si schierano per il NO. Non fai in tempo ad
accennare un argomento, ad impostare un ragionamento, a sollevare un’obiezione
sulla schiforma costituzionale che taglia il parlamento invece che le indennità
dei parlamentari, che diventi
sedutastante portatore di qualche interesse basso, se non tuo di un tuo amico,
di qualche aspirazione disonesta e malcelata che, sotto sotto, ti fa
tramare contro gli interessi della gente.
E quindi si organizzano
gli eserciti di moralizzatori, di invasati custodi del bene comune perché tu
che voti NO, come ha detto il ministro Di Maio, sei establishment, cioè appartenente ad
un gruppo di potere che ha un interesse losco a conservare lo status quo.
Praticamente
lui che siede al governo cambiando poltrona da un ministero all’altro, che è
stato capo-politico, come amava definire sé stesso, lui il cui ministero spende
700.000 euro all’anno di suoi consulenti, segretari, collaboratori alla
Casalino, in aggiunta ai normali organici dei palazzi ministeriali. Ecco lui
deve venire a dire a me che voto NO che sono establishment.
A
me che non sono nessuno, che milito in un partito che vive esclusivamente
autofinanziato dai suoi iscritti, che dopo il secondo mandato da sindaco ho
rifiutato con caparbietà la terza ricandidatura, che non sto aspettando lui ad
insegnarmi cosa è honestà-honestà anzi potrei fargli qualche lezione (a lui e
ai suoi) su come si amministrano e si tutelano i beni comuni.
Ascù
ma ti ghiras ca ses unu nudda?
Di Lucia Chessa
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