"Per l’ultima volta vi dico: rivolgete tutta
la vostra attenzione a voi stesso, mettete le catene ai vostri sensi e cercate
la beatitudine non già nelle passioni, ma nel vostro cuore. La fonte della
beatitudine non è fuori, ma dentro di noi (Lev Tolstoj, dal libro “Guerra e
pace”).
(28 Agosto 1828) Nel governatorato russo
di Tula nasce Lev Nikolaevic Tolstoj, scrittore e drammaturgo russo. Critico e saggista in
materia politica e filosofica, Tolstoj è autore di romanzi divenuti eterni
classici della letteratura mondiale come "Guerra e pace" e "Anna
Karenina". Tutta la sua opera si
rivela l'affresco di un’epoca di transizione, nelle quali la volontà di
cambiamento si intrecciano con la condanna dell’ineguaglianza, dell’ingiustizia
e dello sfruttamento, fenomeni fortemente presenti nella società russa del
periodo. Preso di mira dalla censura zarista, con la pubblicazione del romanzo
"Resurrezione," nel 1899, Tolstoj viene scomunicato dalla Chiesa
ortodossa. Muore il 7 novembre 1910.
Tolstoj
dal 1844 al 1847 frequentò la facoltà di orientalistica e poi quella di
giurisprudenza all'università di Kazan, senza tuttavia terminare gli studi. All'inquietudine degli anni giovanili cerca
valide risposte nei libri (la Bibbia, Rousseau); incline alla vita
dissipata ma dotato di un forte senso morale, s'impone rigide regole
comportamentali che non rispetta, ricorre presto alla forma di autocontrollo
del diario, che proseguirà fino alla morte.
Divenne
celebre in patria grazie a una serie di racconti sulla guerra; il nome di
Tolstoj acquisì presto risonanza mondiale per il successo dei romanzi
"Guerra e pace" e "Anna Karenina", a cui seguirono altre
opere sempre più rivolte all'introspezione dei personaggi e alla riflessione
morale. La fama di Tolstoj è legata
anche al suo pensiero pedagogico, filosofico e religioso, da lui espresso
in numerosi saggi e lettere che ispirarono, in particolare, la condotta
non-violenta dei tolstoiani e del Mahatma Gandhi.
Nel
1909 lo scrittore tenta – con appelli alla Duma di Stato e a Stolypin – di convincere il governo ad abolire la
proprietà privata della terra, per scongiurare una grande rivoluzione, che
egli reputa imminente. Già nel precedente articolo "Al popolo
lavoratore" (1902) Tolstoj aveva affrontato l'argomento, individuando
nella proprietà fondiaria la maggiore ingiustizie sociali. La liberazione della terra tuttavia non doveva avvenire con la
violenza, ma attraverso il boicottaggio (dei contadini a lavorare la terra
altrui) e la disobbedienza (dei
soldati nel reprimere le occupazioni).
Desideroso di compiere il tanto
vagheggiato "salto" decisivo col quale avrebbe lasciato tutto per
Cristo, Tolstoj mise in pratica il progetto di andarsene di casa. Il crescendo di liti
con la moglie e con i figli gli causarono enormi sofferenze. Così, nella notte
del 28 ottobre 1910 (secondo il calendario giuliano), dopo essersi accorto che
la moglie frugava di nascosto fra le sue carte, lo scrittore, sentendosi più
che mai oppresso, si allontanò di soppiatto da Jasnaja Poljana, dirigendosi
verso la Crimea su treni di terza classe, accompagnato dal medico personale,
amico fidato.
Sulla sua scrivania lasciò aperta una
copia dei Fratelli Karamazov di Dostoevskij al punto in cui il figlio si
abbandona alle vie di fatto con il padre. Durante il viaggio tuttavia, a causa del
freddo e della vecchiaia, lo scrittore ben presto si ammalò gravemente di
polmonite e non andò oltre alla stazione ferroviaria di Astàpovo, dove morì.
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