lunedì 24 agosto 2020

(24 Agosto 1929) al Cairo nasce Yasser Arafat.

 

"Se ci tenete tanto a dare una patria agli ebrei, dategli la vostra: avete un mucchio di terra in Europa, in America. Non pretendete di dargli la nostra. Su questa terra noi ci abbiamo vissuto per secoli e secoli, non la cederemo per pagare i vostri debiti." (Yasser Arafat)

 

(24 Agosto 1929) al Cairo nasce Yasser Arafat. La data e il luogo della sua nascita non sono mai stati confermati con certezza. Il suo certificato di nascita, depositato all'università del Cairo, attesta che nacque al Cairo (Egitto) il 24 agosto 1929. È proprio nella capitale egiziana che svolge gli studi universitari in ingegneria. Sposati gli ideali della causa palestinese fonda Al Fatah il primo movimento per la liberazione della Palestina (alcuni storici del movimento palestinese fanno risalire il fatto al 1959). A questa causa dedicherà tutta la vita. In Giordania e poi in Libano si batte per preservare i campi profughi e farne il centro delle milizie che lotteranno per la creazione di uno Stato indipendente palestinese.

 

Nel 1969 diventa capo dell’OLP, Organizzazione per la Liberazione della Palestina,e nel 1988 riconosce ad Algeri lo Stato d'Israele. Inizia così un cammino complesso che lo porta a siglare gli accordi di Oslo del 1993. Questi, entro cinque anni, prevedono l'autogoverno per i palestinesi della Cisgiordania e della striscia di Gaza. Nel 1994 riceve, insieme ai leader israeliani Shimon Peres e Yitzhak Rabin, il Premio Nobel per la Pace per l'opera svolta ai fini della pacificazione del Medio Oriente.

 

Nel dicembre del 2000 tuttavia, in seguito ad una visita di Ariel Sharon alla spianata della Moschea al-Aqsa - considerata per fini puramente provocatoria dagli osservatori internazionali - lo scontro tra israeliani e palestinesi si riaccende con rinnovata violenza in quella che prende il nome di Seconda Intifada. Essa rappresenta la fine degli sforzi per modificare e rendere efficace l'apparato di governo rappresentato dall'Autorità nazionale palestinese, tanto che vi è chi l'ha letta come un modo dell'anziano leader di riprendere il controllo dinanzi a spinte centrifughe.

 

Anche la sua morte rimane un momento oscuro: alcuni sostengono fosse affetto da Aids, nonostante famiglia e sostenitori abbiano sempre negato. Da anni malato, peggiorò gravemente durante i giorni in cui le forze di sicurezza israeliane lo tennero in isolamento, accusandolo di aver appoggiato alcuni attacchi terroristici. Nell’ottobre del 2004 fu ricoverato a Parigi, dove morì l’11 novembre dello stesso anno, senza alcuna autopsia. Solo nel 2012 la vedova, Suha Tawil, presentò un esposto in Francia, sostenendo che il marito non fosse deceduto per cause naturali.

 

In Svizzera, un istituto di indagini sulla radioattività rivelò di aver trovato tracce di polonio sugli effetti personali di Arafat, e il sospetto di avvelenamento fu rafforzato anche dopo la riesumazione della salma tre anni dopo: fu riscontrato un innaturale alto livello di polonio radioattivo nelle costole e nel bacino del leader. Contro le conclusioni delle ricerche svolte in Svizzera si pongono i risultati di russi e francesi: un’agenzia federale russa stabilì che non c’erano tracce di avvelenamento radioattivo nella salma e che il leader sarebbe morto per cause naturali; il polonio avrebbe dovuto infatti contaminare anche le persone che vivevano a stretto contatto con lui.

 

Anche i francesi smentirono l’ipotesi di avvelenamento: Arafat morì per una grave infezione, rilevatasi letale a causa dell’età. Il caso della morte di Arafat resta ancora aperto, così come aperto è ancora il progetto per cui il leader palestinese lottò tutta la vita: nonostante il riconoscimento formale da parte di molti Paesi sia aumentato, l’indipendenza e l’autodeterminazione per il popolo palestinese è ancora una lunga strada da percorrere


 

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