(20 Agosto 1968) I carri armati sovietici invadono Praga. Durante la notte le truppe dell'Armata Rossa entrano nella capitale della Cecoslovacchia con l’obiettivo di bloccare sul nascere il nuovo corso politico avviato da Alexander Dubèek, propenso ad una via più democratica del sistema comunista. É la fine della "Primavera di Praga": i carri armati sovietici distruggono la speranza dell’avvento di un “socialismo dal volto umano”. La dirigenza cecoslovacca denuncia al mondo intero l’invasione e il 21 agosto il Parlamento lancia un appello in cui si denuncia l'atto di violenza internazionale in contrasto con i principi degli accordi di alleanza".
Il processo di
destalinizzazione che si era sviluppato in Cecoslovacchia dall’inizio degli
anni Sessanta fu accompagnato da crescenti pressioni in senso riformista (soprattutto fra
intellettuali e studenti) e da una forte ripresa dell’autonomismo slovacco. Il
rinnovamento di gran parte del gruppo dirigente aprì la strada a un processo di
riforme democratiche che ottenne presto un largo sostegno popolare, investendo
importanti aspetti della vita politica ed economica del Paese (libertà di
stampa, riattivazione dei partiti non comunisti e delle organizzazioni di massa,
riorganizzazione del sistema produttivo, maggiore autonomia dall’URSS ecc.).
Il
timore, da parte sovietica, che questi sviluppi potessero pregiudicare la
collocazione internazionale della Cecoslovacchia e rappresentare una minaccia
per la stabilità dell’intero blocco orientale portò, dopo una serie di
avvertimenti, all’invasione del Paese da parte delle truppe del Patto di
Varsavia. I dirigenti cecoslovacchi
furono costretti a bloccare il processo riformatore, progressivamente
indeboliti e infine sostituiti da una nuova leadership più gradita a Mosca.
Nel
tardo pomeriggio del 16 gennaio 1969, lo studente Jan Palach si recò in piazza San Venceslao, al centro di Praga, e
si fermò ai piedi della scalinata del Museo Nazionale. Si cosparse il corpo di
benzina e si appiccò il fuoco con un accendino. Rimase lucido durante i tre
giorni di agonia. Ai medici disse d'aver preso a modello i monaci buddhisti del
Vietnam. Al suo funerale, il 25 gennaio,
parteciparono 600 000 persone, provenienti da tutto il Paese. Jan Palach
decise di non bruciare i suoi appunti ed i suoi articoli (che rappresentavano i
suoi pensieri e i suoi ideali), che tenne in un sacco a tracolla molto distante
dalle fiamme. Almeno altri sette studenti, tra cui l'amico Jan Zajíc, seguirono
il suo esempio e si tolsero la vita, nel silenzio degli organi d'informazione,
controllati dalle forze d'invasione.
Il segretario del
Partito Comunista Italiano Luigi Longo condannò l'invasione ma alcuni dirigenti
del partito decisero che quella presa di posizione non era sufficiente. Bisognava insomma dire
di più e cioè sostenere una volta per tutte che il socialismo reale in Urss e
nei paesi satelliti era definitivamente fallito, dopo le speranze aperte con il
XX° congresso del 1956. Quei compagni,
che diedero poi vita al gruppo de il manifesto , furono radiati dal partito con
l'accusa di frazionismo il 24 novembre 1969, dopo la pubblicazione, nel
secondo numero della rivista omonima, dell'editoriale dal titolo "Praga è
sola".
Nessun commento:
Posta un commento