giovedì 20 agosto 2020

L'Armata Rossa chiude il capitolo della "Primavera di Praga."

 

 (20 Agosto 1968) I carri armati sovietici invadono Praga. Durante la notte le truppe dell'Armata Rossa entrano nella capitale della Cecoslovacchia con l’obiettivo di bloccare sul nascere il nuovo corso politico avviato da Alexander Dubèek, propenso ad una via più democratica del sistema comunista. É la fine della "Primavera di Praga": i carri armati sovietici distruggono la speranza dell’avvento di un “socialismo dal volto umano”. La dirigenza cecoslovacca denuncia al mondo intero l’invasione e il 21 agosto il Parlamento lancia un appello in cui si denuncia l'atto di violenza internazionale in contrasto con i principi degli accordi di alleanza".

 

Il processo di destalinizzazione che si era sviluppato in Cecoslovacchia dall’inizio degli anni Sessanta fu accompagnato da crescenti pressioni in senso riformista (soprattutto fra intellettuali e studenti) e da una forte ripresa dell’autonomismo slovacco. Il rinnovamento di gran parte del gruppo dirigente aprì la strada a un processo di riforme democratiche che ottenne presto un largo sostegno popolare, investendo importanti aspetti della vita politica ed economica del Paese (libertà di stampa, riattivazione dei partiti non comunisti e delle organizzazioni di massa, riorganizzazione del sistema produttivo, maggiore autonomia dall’URSS ecc.).

 

Il timore, da parte sovietica, che questi sviluppi potessero pregiudicare la collocazione internazionale della Cecoslovacchia e rappresentare una minaccia per la stabilità dell’intero blocco orientale portò, dopo una serie di avvertimenti, all’invasione del Paese da parte delle truppe del Patto di Varsavia. I dirigenti cecoslovacchi furono costretti a bloccare il processo riformatore, progressivamente indeboliti e infine sostituiti da una nuova leadership più gradita a Mosca.

 

Nel tardo pomeriggio del 16 gennaio 1969, lo studente Jan Palach si recò in piazza San Venceslao, al centro di Praga, e si fermò ai piedi della scalinata del Museo Nazionale. Si cosparse il corpo di benzina e si appiccò il fuoco con un accendino. Rimase lucido durante i tre giorni di agonia. Ai medici disse d'aver preso a modello i monaci buddhisti del Vietnam. Al suo funerale, il 25 gennaio, parteciparono 600 000 persone, provenienti da tutto il Paese. Jan Palach decise di non bruciare i suoi appunti ed i suoi articoli (che rappresentavano i suoi pensieri e i suoi ideali), che tenne in un sacco a tracolla molto distante dalle fiamme. Almeno altri sette studenti, tra cui l'amico Jan Zajíc, seguirono il suo esempio e si tolsero la vita, nel silenzio degli organi d'informazione, controllati dalle forze d'invasione.

 

Il segretario del Partito Comunista Italiano Luigi Longo condannò l'invasione ma alcuni dirigenti del partito decisero che quella presa di posizione non era sufficiente. Bisognava insomma dire di più e cioè sostenere una volta per tutte che il socialismo reale in Urss e nei paesi satelliti era definitivamente fallito, dopo le speranze aperte con il XX° congresso del 1956. Quei compagni, che diedero poi vita al gruppo de il manifesto , furono radiati dal partito con l'accusa di frazionismo il 24 novembre 1969, dopo la pubblicazione, nel secondo numero della rivista omonima, dell'editoriale dal titolo "Praga è sola".

    

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