Dopo aver
superato la Cina per numero di contagi, l'Italia è il primo paese al mondo a
oltrepassare la soglia delle 10mila vittime per il coronavirus e ha la metà dei
morti dell'intera Europa. Ma l'ennesimo, triste primato ottenuto dal nostro
Paese in questa battaglia contro il nemico invisibile arriva nel
momento in cui si consolida quello che gli scienziati ripetono
ormai da qualche giorno: la curva di crescita del virus sta subendo
un rallentamento, grazie alle misure di contenimento adottate.
È questa la strada sulla quale
proseguire nelle prossime settimane ed è già chiaro che il 3 aprile l'Italia
non riaprirà, con il governo che forse nel prossimo Cdm potrebbe varare il decreto
con il prolungamento delle misure per altri 15 giorni.
Leggera
flessione I dati forniti dal capo della Protezione civile Angelo Borrelli - rientrato al Dipartimento lasciato mercoledì per sintomi febbrili - dicono che il numero dei malati è arrivato a 70.065, con un incremento rispetto a venerdì di 3.651. Significa
una crescita inferiore al 7%, che è in linea e anzi in leggera flessione
rispetto a quella degli ultimi 6 giorni, che si attestava tra il 7 e l'8%.
Numeri e
speranze Non solo. Altri due numeri fanno ben sperare: il primo
è quello dei guariti; sono arrivati a 12.384, ben 1.434 in più di ieri, il numero più alto dall'inizio dell'emergenza. Il secondo riguarda la Lombardia: nelle ultime 24 ore si sono registrati solo 15 nuovi ricoveri in ospedale e 27 nuovi ingressi in terapia intensiva. I numeri assoluti restano quelli di una catastrofe - come testimoniano gli
889 morti in più che portano il totale a 10.023 - ma che le misure adottate cominciano a dare i risultati sperati. «Se non le avessimo adottate in forma così drastica - sottolinea Borrelli - avremmo ben altri numeri e ci troveremmo in una situazione insostenibile».
L'Italia
non riapre Proprio per questo il 3 aprile l'Italia non riaprirà. «A inizio settimana - conferma il premier Giuseppe Conte - ci confronteremo con gli esperti. Rimaniamo vigili per adeguare le nostre valutazioni sulla base delle loro raccomandazioni». Ancora più esplicita la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese: «Il 3
aprile è troppo ravvicinato per dire che verrà riaperto tutto». Si va verso un prolungamento
delle misure.
Non è d'accordo Matteo Renzi, leader
di Italia Viva: «Serve un piano per la riapertura e serve ora. Le fabbriche
prima di Pasqua. Poi il resto. I negozi, le librerie, le Chiese. Le scuole
entro il 4 maggio». Ma la proposta viene bocciata in modo unanime dalla
comunità scientifica e non trova supporto neanche tra i partiti.
Tenuta
sociale a rischio Intanto c'è da affrontare la tenuta sociale del meridione,
dove migliaia di persone che lavoravano in nero oggi rischiano di non riuscire
a mangiare. Il timore è che si inneschi una rivolta sociale e una guerra tra poveri, dove potrebbe infilarsi la criminalità organizzata potrebbe infilarsi, sia alimentando le proteste sia cercando di portare dalla propria parte chi non ha più alcun mezzo di sostentamento. «Sono seriamente preoccupata. I cittadini
hanno delle esigenze primarie e lo Stato deve farsene carico», ammette
Lamorgese. Il governo è corso ai ripari, con il premier che ha annunciato un primo stanziamento di 4,3 miliardi ai comuni più 400 milioni.
Articolo
tratto da “L’Unione Sarda” del 30.03.2020
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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