giovedì 26 marzo 2020

Dante Alighieri e la Sardegna. Di Francesco Casula.


Subra Dante e sa Sardigna nd'ap'iscritu in "I viaggiatori italiani e stranieri in Sardegna” (Alfa Editrice,2015). Unu biculeddunon sappiamo con esattezza se Dante sia stato in Sardegna di persona: non abbiamo comunque documenti che lo accertino. Nella Divina Commedia però i riferimenti alla Sardegna e ai Sardi, ai suoi costumi e ai principali personaggi che quivi avevano interessi e possedimenti o che comunque vi svolsero la loro opera, sono tanto frequenti da indurre Tommaso Casini (in Ricordi danteschi in Sardegna, in Nuova Antologia, terza serie, vol. LVIII, fasc. XIII e XIV) a prospettare l’ipotesi che l’Alighieri vi sia stato e che l’Isoletta di Tavolara, all’uscita del canale di Olbia, con la sua struttura conica dalle bianche falde calcaree emergenti dal mare abbia dato lo spunto alla forma del Purgatorio quale la foggiò l’ardita fantasia del poeta.

Ecco cosa scrive: ”La storia, la geografia, la lingua, i costumi, gli uomini, i fatti della Sardegna nel tempo di Dante sono rispecchiati nelle opere di lui con tanta precisione e abbondanza di informazioni che, al confronto col silenzio di tutti i suoi contemporanei, inducono un senso di meraviglia sì che non dovrebbe poi parere troppo ardita l’ipotesi che il Poeta, o da giovane, quando a ciò poteva essergli occasione l’amicizia sua con il giudice Nino gentile o nella più matura età quando fuoruscito dalla patria godette la ospitale cortesia dei Malaspina, i quali appunto ebbero in quegli anni frequenti occasioni di recarsi nell’isola, facesse anch’egli come tanti altri al suo tempo, il viaggio in Sardegna. L’ipotesi sarebbe tutt’altro che campata in aria…”.

Anche perché – aggiunge Casini – ai tempi di Dante il viaggio dall’Italia alla Sardegna era “Né lungo né difficile. Le galee di Pisa arrivavano per l’Elba alle coste della Gallura in due giorni”. E Pantaleo Ledda, più o meno sulla stessa linea (in Dante e la Sardegna, 1921, riedito dalla Gia editore, Cagliari, 1994) scrive che “se non si trattasse di un volo di fantasia, si potrebbe dire, per avvalorare l’ipotesi di questo viaggio, che l’idea di creare il monte del Purgatorio, sorgente dalle acque di un mare solitario, venisse al poeta dopo le vive impressioni alla vista dell’Isola di Tavolara, che sale a picco dal mar Tirreno, coronata sulle cime di una fosca boscaglia”.

“Certo è che quell’Isola scriveva sempre Casini – come ricorda Manlio Brigaglia in Dionigi Scano, Ricordi di Sardegna nella Divina Commedia con scritti di Alberto Boscolo, Manlio Brigaglia, Geo Pistarino, Marco Tangheroni, Cagliari, Banco di Sardegna, Milano Silvana editoriale, 1982 – così integrata all’economia toscana, così attraversata da mercanti e marinai (furono loro che fecero alle donne di Barbagia la fama di licenziosità di cui furono secondo i commentatori, unanimemente circondate nel medioevo) così direttamente collegata alle lotte di potere fra le grandi famiglie pisane, così importante nella politica oltretirrenica di quei signori Malaspina di cui Dante fu ospite e lodatore, doveva essere conosciuta e universalmente «raccontata» nel mondo che Dante conobbe e frequentò”. 

Sicuramente conosceva gli avvenimenti e i personaggi della Sardegna del secondo ‘200 e del primo ‘300 sia attraverso Nino Visconti, il Nino gentile suo amico, Giudice di Gallura, morto nel 1289, che spesso si recava a Firenze; sia attraverso i toscani che spesso si recavano in Sardegna; sia attraverso gli stessi Sardi che si recavano in Toscana.


Dante parla della Sardegna e dei Sardi nei canti XXII, XXVI, XXIX, XXXIII dell’Inferno e nel VII e XXII del Purgatorio


Francesco Casula
Storico e saggista, autore de "Carlo Felice ed i Tiranni Sabaudi" e



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